Costi dell'autotrasporto, differenze abissali in Europa

Stipendi e internazionalizzazione, Sos di Anita: situazione pesante per l'Italia. I dati

Costi dell'autotrasporto, differenze abissali in Europa
Troppe differenze nel settore dell'autotrasporto, la situazione ha pesanti ripercussioni sulle filiere e sta diventando insostenibile per le aziende: la denuncia è dell'Anita, l'associazione nazionale imprese trasporti automobilistici, che nei giorni scorsi ha presentato una ricerca del Comité National Routier (Cnr) con un dettagliato raffronto tra le condizioni di lavoro e i salari degli autisti di veicoli industriali dei Paesi comunitari. Il report evidenzia enormi differenze che, sottolinea Anita, causano distorsioni alla concorrenza a favore delle imprese che hanno sede nei Paesi dell'Est. Un esempio su tutti: il costo chilometrico di un conducente di veicolo immatricolato in Italia è di 0,43 euro, mentre quello di un autista di camion bulgaro è di 0,11 euro
Lo studio Cnr considera quindici Paesi, tra cui l'Italia, unico tra quelli esaminati in cui non esiste un salario minimo inter-professionale. Gli importi variano in misura considerevole su base mensile.

Il record salariale minimo è appannaggio del Lussemburgo  con 1.923 euro al mese; l'Italia è a un passo, seconda con 1.642 euro, in base a stime legate al contratto nazionale del lavoro. Seguono Belgio (1.502 euro), Germania (1.473 euro) e Francia (.1467 euro). Sotto i mille euro gli altri Paesi: dai 791 euro della Slovenia ai 764 della Spagna, fino ai 280 euro della Romania e ai 214 della Bulgaria.

A fronte di questi valori sul salario minimo inter-professionale (ossia indipendente dalla professione esercitata dal lavoratore), lo studio del Cnr ha rilevato il valore medio del salario lordo annuale di un autista di autotrasporto internazionale. Le differenze sono enormi e passano dai 55.810 euro del Belgio ai 15.859 euro della Bulgaria. L'Italia anche in questo caso è al secondo posto, con 51.219 euro, seguita da Lussemburgo (49.014 euro), Francia (45.852 euro) e Germania (45.393 euro). Chiudono la graduatoria Ungheria (18.957 euro), Lituania (18.008 euro) e Romania (17.868).



Gli autisti dei Paesi dell'Est non solo guadagnano molto meno dei colleghi dell'Ovest, ma guidano di più. Il dato maggiore si rileva in Lituania (2.025 ore), poi sei Paesi con 1.980 ore (Romania, Portogallo, Polonia, Ungheria, Bulgaria, Est della Germania). Altri tre Paesi restano sopra le 1.900 ore: Spagna, Slovacchia e Repubblica Ceca. Nella fascia delle 1.800 ore Slovenia, Italia (1.820) e Ovest Germania (1806 ore). Chiudono Lussemburgo (1.738 ore), Belgio (1.672 ore) e Francia (1.540 ore).

Tenendo conto di questi dati, la ricerca ha rilevato un costo lordo orario di guida degli autisti, che varia dai 33,38 euro del Belgio agli 8,01 euro della Bulgaria. L'Italia fa segnare 28,14 euro.

Altro paramento importante per determinare la produttività dell'autotrasporto è il costo chilometrico degli autisti. Il Cnr ha stimato il chilometraggio medio annuale di un autista internazionale, che varia dai 140.800 km della Bulgaria ai 107.449 km della Francia. L'Italia è al terzultimo posto, con 118.500 km. Usando questo dato e lo stipendio lordo annuale, emerge che il costo chilometrico medio di un autista internazionale più elevato è in Belgio, con 0,48 euro al km, mentre il più basso è in Bulgaria, con 0,11 euro al km. Al secondo posto Italia e Francia, entrambe con 0,43 euro al km.

E ancora: in termini di valori assoluti, nel 2014 il traffico maggiore lo hanno registrato i veicoli immatricolati in Polonia con 154,303 miliardi di ton/km, con una percentuale di trasporto internazionale del 61% (l'altro 39% si è svolto solo nei confini nazionali). Segue la Spagna, con 67,610 miliardi di ton/km e un peso dell'autotrasporto internazionale del 35%. Al terzo posto la Germania, con 47,110 miliardi di ton/km ma una percentuale d'internazionale di solo il 15% e una quota di autotrasporto in ambito comunitario del 7,6%. Quarti i Paesi Bassi, con 39,632 miliardi di ton/km e una percentuale d'internazionale del 56%, che hanno una quota comunitaria del 6,4%. I veicoli industriali di questi quattro Paesi trasportano la metà delle merci che viaggiano in regime internazionale all'interno della Ue. L'Italia è nel 2014 al dodicesimo posto con 15,456 miliardi di ton/km, ma di questi solo il 13% avviane in ambito internazionale.



Una situazione che per Anita si può definire insostenibile e che ha causato il trasferimento di migliaia di veicoli dall'Ovest all'Est e la chiusura di chi non ha voluto o potuto farlo.
"Il deficit di armonizzazione tra le legislazioni sociali dei vari Stati membri ha causato il proliferare di normative interne antidumping", la denuncia del presidente di Anita, Thomas Baumgartner. "Francia, Germania, Austria e Belgio hanno introdotto leggi a protezione del mercato del lavoro nazionale". Anche l'Italia si sta muovendo in tale direzione: "L'auspicio è che la nuova disciplina nazionale ponga un freno alle pratiche sleali ed elusive della normativa comunitaria e al contempo limiti il troppo diffuso ricorso al cabotaggio riequilibrando così le quote di mercato tra gli operatori europei". I provvedimenti peraltro riguardano il cabotaggio stradale, ma non i trasporti internazionali, per cui si attendono chiarimenti da parte della Commissione Europea. Tra le proposte dell'associazione, la de-contribuzione degli autisti.

Intanto il trasporto continua a incidere pesantemente sul settore ortofrutticolo, soprattutto lungo lo Stivale: far arrivare un camion con 20 tonnellate di ortofrutta da Catania fino a Milano (1.350 km scarsi) costa di più che trasportare un container con lo stesso carico da Genova a Shanghai (oltre 11 mila km) e più del trasporto dello stesso carico dal Nord Italia alla Germania. 

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