Bio, consumi al galoppo con il coronavirus

I dati Ismea e i commenti: «Boom di importazioni, si rafforzino i controlli»

Bio, consumi al galoppo con il coronavirus
Biologico da record: i consumi domestici di alimenti "organic" raggiungono la cifra record di 3,3 miliardi per effetto di una crescita del 4,4% nell’anno terminante a giugno 2020 sotto la spinta della svolta green degli italiani favorita dall’emergenza Covid. E’ quanto emerge dal rapporto “Bio in cifre 2020” illustrato ieri da Ismea nell’incontro organizzato dalla Coldiretti per la presentazione del rapporto annuale del Sinab (Sistema di Informazione Nazionale sull’agricoltura biologica) che registra i principali numeri del settore in Italia: mercato, superfici, produzioni del biologico italiano con le tendenze e gli andamenti storici.

Sul piano produttivo l’Italia è, nel 2019, il primo Paese europeo per numero di aziende agricole impegnate nel biologico: sono 80.643 gli operatori coinvolti (+2%) mentre le superfici coltivate sono arrivate a sfiorare i 2 milioni di ettari (+2%) con una incidenza pari al 15,8% della Superficie Agricola Utilizzata (Sau) a livello nazionale. Dati che posizionano l’Italia di gran lunga al di sopra della media Ue che nel 2018 si attestava all’8%, e a quella dei principali Paesi produttori come Spagna (10,1%), Germania (9,07%) e Francia (8,06%).



La situazione emergenziale causata dal coronavirus ha consolidato una tendenza alla crescita del settore che va avanti da oltre un decennio. E si conferma la spinta che la grande distribuzione organizzata (Gdo) sta imprimendo al mercato: durante il lockdown, si è registrato un incremento delle vendite nei supermercati dell’11%. Gli italiani tendono a premiare il biologico nel fresco con aumenti del 7,2% per gli ortaggi e in alcune categorie specifiche come le uova che crescono del 9,7% nelle vendite.

Con oltre 370 mila ettari nel 2019, la Sicilia si conferma prima regione per aree bio davanti alla Puglia, mentre la Calabria è al vertice per numero di aziende agricole con 11.030 operatori coinvolti;  le superfici coltivate a biologico hanno raggiunto qui i 208.292 ettari, con un +3,7% rispetto al 2018. A nord la superficie agricola dedicata dalla Lombardia ha toccato i 56.557 ettari, il dato più alto dopo quello dell’Emilia Romagna (166.525 ettari) e davanti a Piemonte (50.786 ettari), Veneto, Friuli Venezia Giulia (12.800 ettari), Provincia autonoma di Bolzano (11.846 ettari), Provincia Autonoma di Trento (6.906 ettari), Liguria (4.335 ettari) e Valle d’Aosta (3.296 ettari). 

Tra le performance più eclatanti quella del Veneto: in tre anni la superficie è praticamente raddoppiata passando da 27.979 ettari nel 2017 agli attuali 48.338. La provincia più vocata è Verona seguita da Rovigo, ma la propensione è rilevante anche nel territorio padovano e bellunese.  Significativa la crescita del vigneto biologico con quasi 8mila ettari, ben rappresentati anche i cereali (con 12.086 ettari) e le colture industriali, soia e bietola, con 6.821 ettari. Quasi 5mila ettari (poco meno del 10%) sono invece dedicati all’ortofrutta. 

Da sottolineare anche l’aumento delle importazioni di prodotti biologici da Paesi extracomunitari con un incremento complessivo del 13,1% delle quantità totali nel 2019 rispetto all’anno precedente. I cereali, le colture industriali e la frutta fresca e secca sono le categorie di prodotto biologico più importate, con un’incidenza rispettivamente del 30,2%, 19,5% e 17,0%. I tassi di crescita delle importazioni bio più rilevanti non comprendono però l'ortofrutta.


“L’agricoltura biologica rappresenta un tassello sempre più importante dell’agroalimentare italiano di qualità” ha affermato il direttore generale dell’Ismea Raffaele Borriello. "Promuovere il ricorso a materia prima italiana certificata riducendo i volumi delle importazioni – ha precisato – potrà inoltre fornire un ulteriore stimolo di crescita al comparto e concorrere al raggiungimento del target del 25% di superficie investita a coltivazioni biologiche, indicato nella strategia Farm to Fork, uno dei pilastri del New Green Deal. Un’occasione – ha concluso Boriello – da non perdere, visto anche il boom di domanda di prodotto 100% italiano a cui abbiamo assistito negli ultimi anni”. 

Per il ministro Teresa Bellanova “l’agricoltura biologica nel nostro Paese rappresenta una realtà significativa e dovrà giocare un ruolo da protagonista nel prossimo futuro: vogliamo che il biologico poggi le sue basi su fondamenta forti e diciamo con chiarezza che se qualcuno in Europa pensa di far aumentare le superfici a biologico abbassando il livello delle regole, in modo da fare diventare tutto biologico, noi non ci stiamo". 

E ancora: “Tutto il nostro agroalimentare si poggia, e si radica, sulla distintività e sulla eccellenza della qualità e il biologico deve essere una delle punte di diamante, in un’ottica di tutela dell’ambiente e della biodiversità. Se abbassiamo l’asticella delle regole, se riduciamo il rigore del controllo sul biologico facciamo un favore ai competitor delle nostre aziende e danneggiamo tutto il sistema agroalimentare italiano”. “Vogliamo mercati aperti”, ha detto ancora Bellanova, “dove esportare le nostre eccellenze, ma con regole chiare e rispettate da tutti. Particolare attenzione oggi poniamo anche alla possibilità che le innovazioni tecnologiche (come ad esempio la blockchain) possono portare al sistema di controllo per il biologico. L’innovazione deve essere a servizio del miglioramento di tutto il comparto”. E sulle importazioni: "Dobbiamo essere attenti e vigili”. In chiusura, l’appello al Senato per l’approvazione del testo unico per il biologico: "Si tratta di una legge che può dare ancora più slancio e opportunità al settore”.     

   
“L’Italia è uno dei maggiori importatori di alimenti biologici da Paesi extracomunitari, nel 2019 ne sono arrivati ben 210 milioni di chili di cui quasi un terzo dall’ Asia” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel precisare che “occorre dare al più presto seguito alla raccomandazione della Corte dei Conti europea che invita a rafforzare i controlli sui prodotti biologici importati che non rispettano gli stessi standard di sicurezza di quelli Europei". “E’ necessario un maggiore coinvolgimento delle autorità doganali, al fine di garantire sia i consumatori finali rispetto alla qualità delle produzioni, sia una corretta concorrenza tra produttori intra ed extra Ue”, ha concluso Prandini nel sottolineare che “l’immissione di prodotti biologici deve essere subordinata non solo a verifiche documentali, ma anche a ispezioni fisiche e controlli analitici”.

“I numeri presentati - ha dichiarato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio -
 evidenziano che la tendenza dei cittadini è sempre più orientata verso un’alimentazione biologica. Dobbiamo dunque supportare con iniziative concrete e un quadro legislativo coerente la conversione al vero biologico. Il rischio è che la forte domanda dei consumatori italiani sia coperta da prodotti biologici di importazione a scapito del bio Made in Italy, mentre abbiamo bisogno di rafforzare i produttori agricoli nel nostro Paese attraverso lo sviluppo di filiere etiche fondate sul principio del giusto prezzo”.

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