SUDAFRICA, PROSEGUONO GLI SCIOPERI NEL WESTERN CAPE: PROIETTILI DI GOMMA E GAS LACRIMOGENI CONTRO I LAVORATORI

SUDAFRICA, PROSEGUONO GLI SCIOPERI NEL WESTERN CAPE: PROIETTILI DI GOMMA E GAS LACRIMOGENI CONTRO I LAVORATORI
Sei mesi dopo i sanguinosi fatti di Marikana, città a 100 km da Johannesburgh, dove 34 minatori in sciopero della miniera di platino Lonmin vennero massacrati dalla polizia, la scorsa settimana le forze dell'ordine hanno nuovamente aperto il fuoco sparando proiettili di gomma e gas lacrimogeni contro i lavoratori agricoli in sciopero nella città di De Doors, a 100 km a est di Cape Town, nel Western Cape, una delle aree a più alta produzione viticola del Paese, arrestandone 44.
Per strada, come riportano i giornali locali, scene di guerriglia, tra barricate, pneumatici bruciati, lanci di sassi e le strade principali che da De Doors portano a Cape Town e a Johannesburg bloccate.
I manifestanti, molti dei quali lavoratori stagionali, sono lavoratori agricoli impiegati nella raccolta e nel confezionamento della frutta in aziende agricole di proprietà della minoranza bianca. Chiedono l'aumento della paga minima giornaliera da 69 rand (5,8 euro) a 150 rand (12,7 euro).
L'ondata di scioperi iniziata ad agosto nel settore minerario si è poi allargata a quello agricolo, dapprima tra i lavoratori delle aziende che producono uva da tavola destinata al mercato estero e poi tra quelli delle aziende produttrici di frutta e vino, settori che registrano i più alti fatturati in valuta estera. Alle richieste dei manifestanti che a fronte degli alti rendimenti delle esportazioni reclamano aumenti salariali, i proprietari agricoli sostengono di non poter praticare questi aumenti perchè nel 2012 il calo delle esportazioni di uva da tavola ha provocato un abbassamento dei risultati di circa il 25%.
Stando a quanto riportato da Fairtrade Label South Africa già a novembre, nel pieno degli scioperi, i lavoratori sudafricani sarebbero tra i peggio retribuiti del paese, con paghe giornaliere e condizioni di vita sotto gli standard.



In un rapporto dell'agosto 2011 sullo stato dei diritti umani nei settori frutticolo e vinicolo intitolato "Ripe with Abuse. Human Rights Conditions in South Africa's Fruit and Wine Industries", Human Rights Watch aveva documentato condizioni di sfruttamento e violazione dei diritti umani, a cominciare dalle condizioni di vita inadatte negli alloggi, l'esposizione ai pesticidi senza alcuna protezione, la mancanza di accesso ai servizi igienici e all'acqua potabile durante le ore di lavoro e i tentativi di scoraggiare e bloccare la formazione di sindacati tra i lavoratori.
Di "salari da fame" parla anche Petrus Brink, rappresentante della ONG Surplus People Project, che lo scorso novembre aveva dichiarato al The Guardian Africa Network che con una paga settimanale di circa 346 rand (29,3 euro) "i poveri e i lavoratori sono sempre più poveri", motivo per cui diventano più aggressivi. Molti lavoratori stagionali, spiega Brink, vengono dall'Eastern Cape, dallo Zimbabwe, dal Mozambico e dalla Somalia e sono visti come una minaccia dai lavoratori a tempo indeterminato del Western Cape. Infatti, una delle ragioni per cui i proprietari agricoli non hanno interesse a contrattare è che possono rivolgersi a quest'altro tipo di manodopera più a basso costo, costituita appunto da lavoratori non sudafricani che spesso non hanno permesso di lavoro né passaporto e sono disposti a vivere in alloggi abusivi.
D'altro canto, mentre molti datori di lavoro si rifiutano di negoziare un aumento salariale, altri rivendicano di retribuire i loro dipendenti con una paga già più alta di quella fissata dal Dipartimento del Lavoro, cioè intorno agli 80 o 90 rand (6,8 o 7,6 euro) al giorno. E rivendicano anche il fatto di offrire in aggiunta alloggio a molti dei loro dipendenti e altro tipo di sostegno, come riportato da testimonianze sui giornali locali.
Intanto, il Premier della regione del Western Cape, Helen Zille, ha invitato il ministro del lavoro, Mildred Oliphant's, a riunire le parti interessate per raggiungere un accordo e porre fine a queste tensioni che potrebbero altrimenti avere serie ripercussioni sull'industria alimentare e sulle centinaia di migliaia di persone che da essa dipendono.

Fonte: The Globalist