Il grappolo della vergogna scuote la filiera

Ma è lo specchio di ciò che non va per il verso giusto. I commenti

Il grappolo della vergogna scuote la filiera
Un grappolo non fa primavera, si potrebbe dire parafrasando il vecchio adagio. Ma la foto del "grappolo della vergogna" pubblicata ieri da Italiafruit News (clicca qui per leggere la notizia) e che oggi riproponiamo è lo specchio di quello che succede lungo la filiera. Riflette i problemi - a volte taciuti - che può incontrare l'uva da tavola, le criticità della sua gestione nel punto vendita e anche la scarsa capacità di comunicare con il consumatore.

La notizia ha aperto un acceso dibattito e, come ci ha spiegato più di un operatore, casi come questo non sono poi così rari lungo lo Stivale. Purtroppo. Può succedere di trovare un grappolo "stanco" a fine giornata, ma gli operatori del negozio dovrebbero intervenire prima che sia troppo tardi. Una situazione come questa, comunque, suggerisce che la vendita a libero servizio non sia certo ottimale per l'uva da tavola.

"Ma voi consumatori lo sapete che ci costringono a raffreddare la merce fino a farla arrivare minimo a 5/6° C e che dobbiamo mantere e garantire la catena del freddo fino alla piattaforma?", scrive sul suo profilo Facebook Teresa Diomede, alla guida dell'azienda Racemus di Rutigliano (Bari) - Poi però di quello che accade dopo, non sappiamo. Sappiamo per certo che arriva a 25° C sui banchi, sotto luci incredibili, toccata e manipolata da chiunque. L'uva è da banco frigo. Tralasciando il prezzo "alto" per alcuni, corretto per altri (meglio questo che 79 centesimi il chilo) e anche qualche acinino sfuggito alla meticolosa e costosa selezione... Ma voi lo sapete che stiamo attraversando la peggiore annata agraria che si sia mai vista? I Tg li ascoltate? Detto questo: sono dispiaciuta, da parte della categoria, per il consumatore che ha trovato questo grappolo non al meglio. Cerchiamo di non indignarci più di tanto e di sostenere, per quanto possibile, le filiere in difficoltà con la vostra comprensione".



"Non mi sorprende la reazione di Teresa - commenta Rosario Ferrara, direttore dell'Apoc di Salerno - che ovviamente condivido. L’uva è la sua vita, il suo sangue. Lei sa cosa significa portare un grappolo fino al consumatore. Quanto lavoro, quanta gente, quanti investimenti, quante ansie, quanta passione. Lei quindi si alzerà sempre a difesa di ogni grappolo. Anche di quelli che in una campagna come questa si portano addosso qualche ferita. Lei non vuole cambiare la realtà. Sta semplicemente chiedendo rispetto".

Sulla pagina Facebook di Italiafruit sono stati diversi i commenti all'articolo. C'è chi si è focalizzato sul prezzo - l'uva in questione era venduta a 3,59 euro il chilo - come Gianluca, che scrive: "Non credo che il problema sia il prezzo. Se il prodotto possiede gli standard qualitativi dettati da un marchio come quello Igp, sovente il consumatore reagisce positivamente. E' evidente che il prodotto non ha subito la giusta rotazione in reparto".



Mentre Pasquale sottolinea "assurdo vedere un prodotto del genere, ancora più grave vedere quel prezzo". E Alessandro rincara la dose: "Poveri consumatori del Nord, non solo truffati dal prezzo ma anche dalla qualità". E infine Giovanni rileva: "Ecco cosa succede quando nelle Gdo la merce viene brutalmente palpata".

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