L'inflazione pesa sull'esotico senza affossarlo

L'ultima ricerca sul percepito del Monitor Ortofrutta

L'inflazione pesa sull'esotico senza affossarlo

Nell’anno da poco concluso l’Italia ha registrato livelli d’inflazione rilevanti ma con due volti. Da una parte, Infatti, i prezzi al consumo sono cresciuti in media del 5,7% secondo l’Istat, ma in attenuazione rispetto all’anno precedente (+8,1%), mentre dall’altra, sui generi alimentari, hanno continuato a galoppare, con una crescita media annua pari al 9,8%, che ha superato quella del 2022 (+8,8%) e nonostante il trimestre antiinflazione. Di fronte a questo scenario, l’atteggiamento dei consumatori non poteva che essere improntato alla prudenza, soprattutto riguardo ai prodotti più cari, con anche l’ortofrutta che non è stata immune da questa dinamica. 

È questo il quadro che emerge dall’ultima rilevazione del Monitor Ortofrutta di Agroter  realizzata in partnership con Toluna, in cui - proprio la frutta esotica, simbolo del lusso nella categoria -  risulta la tipologia di prodotto a cui gli italiani dichiarano di aver rinunciato di più negli ultimi mesi.

La ricerca ha messo di fronte ai responsabili acquisti una lista dei possibili prodotti tra cui, oltre alla frutta esotica, erano ricompresi ciliegie, fragole, uva senza semi, pomodori, funghi e patate ma anche, frutta secca e frutti di bosco, senza escludere i prodotti di IV e V gamma, come le insalate in busta e le zuppe, e quelli biologici. 

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Dall’analisi delle risposte si evince come circa metà degli italiani (49%) abbia rinunciato all’acquisto della frutta esotica a seguito dell’innalzarsi dell’inflazione, mentre più di un terzo abbia escluso dal carrello spesa prodotti come ciliegie (36%) e frutti di bosco (34%), che occupano - rispettivamente - la seconda e terza posizione. L’ultima stagione di produzione delle ciliegie italiane è stata infatti particolarmente complessa, con un’offerta limitata e prezzi elevati che hanno portato i consumatori a ridurre gli acquisti. Anche per i frutti di bosco, dove l’acquisto di impulso è elevato, si può rilevare il ruolo che ha avuto il perdurare di un’inflazione elevata sulle scelte dei consumatori. 

Tuttavia, è bene notare come a volte il percepito dei consumatori non comporti un effetto corrispondente nelle vendite, in quanto la frutta esotica in Gdo è stata la categoria che è cresciuta di più nelle vendite a volume nel 2023 (clicca qui per approfondire)  mentre metà degli italiani hanno dichiarato di averci rinunciato.

Per comprendere il fenomeno nel dettaglio e apprezzare come sia avvenuto uno sviluppo dei consumi in queste contesto, occorre infatti considerare la difficoltà di realizzazione di un proposito, quando – come in questo caso - si debba fare i conti con un consumo procapite che, per l’esotico nel complesso (avocado, mango, papaia, e altri, escluso banane e ananas) non raggiunge il kg all’anno, mentre gli assortimenti e gli spazi riservati nei negozi all’esotico sono in progressivo aumento, per cui l’acquisto d’impulso diventa un’opzione reale e consistente che può far saltare ogni preordinato proposito.

Se osservate il grafico successivo, si vede - per esempio - la profonda differenza fra uomini (più emozionali nell’acquisto) e donne (più razionali) nella percentuale di chi afferma di aver ridotto i consumi di frutta esotica, a tutto vantaggio delle seconde, risultato che si ribalta se si osserva invece coloro che hanno dichiarato di aver mantenuto costanti gli acquisti di ortofrutta senza penalizzare alcunché, trattandosi di una scelta marcatamente razionale.

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Infine, come si può vedere nel grafico successivo, sul risultato finale incide fortemente anche la polarizzazione dei redditi. Infatti, la propensione alla riduzione dei consumi dei prodotti di maggior lusso nel panorama ortofrutticolo si riduce all’aumento del reddito mentre il mantenimento dello status quo aumenta all'aumentare del reddito.

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Proseguendo nell’analisi, tra le orticole, sono i pomodori a trovarsi in testa alle rinunce degli italiani, con il 21% degli acquirenti che dichiara di averne escluso l’acquisto, seguiti dai funghi con il 19% dei consensi. Le patate, invece, sembrano tener testa al rincaro prezzi e a rientrare nel carrello spesa, visto che solo l’11% degli italiani ne ha ridotto il consumo. In fondo alla classifica si posizionano anche i prodotti servizio, come le insalate in busta (18%) e le zuppe (16%), dimostrando come la prestazione fornita e la loro praticità di consumo abbia portato il consumatore a rinunciarci con maggiore difficoltà. 

La morale di questa ricerca è chiara. Il sentiment di fondo può rendere il mercato pesante quando porta l’acquirente a essere prudente e riflessivo ma, anche quando oltre al sentiment, si riduce anche il potere d’acquisto non per questo mancano le opportunità per competere per le quote di pancia e, poi, anche per qualificare le quote del portafoglio; ovviamente con le giuste tecniche e gli strumenti opportuni.

 

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