Anche per l'ortofrutta inizia la fuga da Mosca

Lucchini: «In Russia e Ucraina lavoravamo tanto, ora ce ne andiamo»

Anche per l'ortofrutta inizia la fuga da Mosca
La guerra in Ucraina ha destabilizzato gli equilibri geopolitici di mezzo mondo. Il conflitto alle porte dell'Unione europea ha innescato una grande fuga dalla Russia: colossi multinazionali stanno lasciando Mosca, l'operatività a Kiev è ovviamente compromessa dall'emergenza in atto e le ripercussioni economiche dell'invasione voluta da Putin si fanno sentire anche nel settore ortofrutticolo, con le imprese che si trovano a rimodulare i loro piani da un giorno all'altro.

E’ il caso di Idromeccanica Lucchini che, già dal 2007, era presente in Russia con le sue strutture all’avanguardia, il suo personale e il suo know-how tutto italiano. La situazione è ancora incerta ma, a parte gli esiti della guerra, cosa succederà ora per quelle realtà che avevano investito sul mercato russo e dell'ex repubbliche sovietiche? Lo abbiamo chiesto a Massimo Lucchini, alla guida della Spa di Guidizzolo specializzata in serre e in impianti per la moderna serricoltura.



“E’ presto per parlarne ma dobbiamo iniziare a fare le prime ipotesi - analizza l'imprenditore - di certo, più si andrà avanti e più le conseguenze saranno pesanti”. Lucchini ricorda come l'attività fosse già stata colpita dalla Russia con il primo embargo dopo l'annessione della Crimea del 2014. “Ma ora il danno è sicuramente appesantito”, sottolinea.

Fino ad oggi l’azienda mantovana concentrava nell’area est (Russia ed Ucraina) il 70% delle proprie esportazioni, pari a circa il 25% del fatturato aziendale. Le potenziali perdite sono quindi consistenti, vicine ai 6 milioni di euro.

“Lavoravamo bene in Russia e ancora meglio in Ucraina, dove oggi abbiamo registrato il danno maggiore – prosegue Lucchini – ma ora siamo costretti ad andarcene: non possiamo più ricevere acconti, né pagare i fornitori e neanche inviare il nostro personale specializzato. Se le collaborazioni dal vivo erano appena riprese dopo il Covid, ora sono completamente azzerate: la differenza è che la pandemia ci metteva tutti allo stesso livello, la guerra danneggia solo metà mondo, mentre la restante parte non fa che beneficiarne”.



E se le aziende italiane sono costrette a guardare altrove, la potenza russa sembra essersi già organizzata in maniera alternativa: “La Russia ha iniziato a spostarsi dall’Europa verso la Cina e la Turchia e probabilmente chi ne soffrirà di più saranno proprio i Paesi europei - commenta Lucchini - Se fino alla scorsa settimana nel nostro piazzale c’erano 4-5 tir provenienti dai Paesi dell’est, oggi sono spariti: è una situazione desolante e anche noi saremo costretti a rivolgerci ad altri mercati per sopravvivere”.

Anche se ancora in fase progettuale, l’azienda guarda con fiducia alle economie dell’estremo oriente, dove il conflitto non sta creando problemi, e anche dall’altra parte del mondo. “Stavamo già pensando da tempo a questi sbocchi commerciali in cui, in parte, siamo già presenti e ora ci toccherà rompere gli indugi e andare avanti – dice l’imprenditore – A sensazione sembrano mercati che possono dare soddisfazioni”.



Se il blocco dei traffici commerciali con la Russia rappresenta ad oggi il problema principale, l’azienda deve fare i conti anche con i rincari.  “L’energia è schizzata e il prezzo del gas è fuori controllo – sottolinea Lucchini – per non parlare delle materie prime: lo zinco è aumentato del 25%, per altri materiali come alluminio e rame non vengono più fatte nemmeno le quotazioni. Stiamo cercando di fare più scorte possibili, anche se i prezzi sono folli: si parla di cifre duplicate quando non triplicate rispetto agli anni passati”.

Per superare questa difficile fase storica, l’azienda ripone la sua fiducia nel reparto di ricerca e sviluppo. “L’anno scorso abbiamo investito 3 milioni in questo campo - conclude Lucchini - e, considerato che la miglior difesa è l’attacco, conviene continuare gli investimenti in questa direzione”.

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