Come cambiano i consumi ai tempi dell'inflazione

I punti di vista di Mazzini (Coop), De Castro e Galli (NielsenIQ)

Come cambiano i consumi ai tempi dell'inflazione

La spesa è cambiata ma che ruolo ha avuto l’inflazione al 10% sulle nuove abitudini dei consumatori?
Ne hanno parlato Claudio Mazzini (responsabile freschissimi Coop Italia), l’eurodeputato Paolo De Castro e Stefano Galli (global business partner di NielsenIQ), intervenendo alla ventesima edizione del Forum Cdo Agroalimentare, tenutosi lo scorso weekend a Milano Marittima con oltre 400 tra imprenditori e manager del settore.

“L'inflazione grava sulla filiera agroalimentare e lo schiacciamento delle vendite avrà pesanti effetti su tutti gli anelli della filiera”. E’ stato l’avvertimento arrivato da Claudio Mazzini, responsabile freschissimi Coop Italia, che ha chiarito come nessuno possa salvarsi da solo in questa situazione. Secondo Mazzini è fondamentale trovare nuove e diverse relazioni di filiera, mentre la sostenibilità rimane un elemento forte anche nell’emergenza inflattiva.
“Nel 2023 rischiamo di perdere 300mila tonnellate nei consumi di ortofrutta nazionali e questi si sommano alle 600mila perse negli ultimi quindici anni  - ha detto il manager - C'è un fenomeno di riduzione degli sprechi, ma anche un pericoloso allontanamento dalla dieta mediterranea: i consumi medi di ortofrutta giornaliera si stanno portando sotto i 300 grammi. Questo ha un impatto anche sulla salute, per questo un investimento sulla corretta educazione sarebbe ampiamente ripagato”.
Mazzini ha poi ricordato che il 2023 si è aperto con un'ulteriore contrazione dei consumi e che “molti prodotti del settore non sono cumulabili: abbiamo infatti assistito alla crisi dell'uva da tavola e recentemente, per un'ondata di caldo anomalo, a una situazione difficile sul pomodoro siciliano”. 
Per questi ultimi eventi, il responsabile freschissimi di Coop ha puntato il dito contro la scarsa programmazione e agli effetti dei cambiamenti climatici. “Per farvi fronte – ha sottolineato - servono relazioni di filiera più trasparenti, più coese, per ridurre i costi intermedi e combattere le speculazioni: non è in gioco il futuro di singole aziende, ma di intere generazioni. Queste relazioni, però, devono essere strutturate nel segno della reciprocità, devono essere di lungo periodo e creare stabilità ed efficienza”. Una nuova modalità di lavoro che potrebbe risolvere anche “la mancata aggregazione coordinata e la crescita asimmetrica tra chi acquista e chi vende”. 
“Nel settore ortofrutta – ha concluso - abbiamo poi un problema di qualità manageriale evidente, un gap di genere senza paragoni in altri settori, un problema di ricambio generazionale e il cambiamento climatico che non è un argomento di sottofondo ma una priorità assoluta”.

Sempre sull’inflazione ha riflettuto anche Stefano Galli, global business partner di NielsenIQ. “Non è l’unico elemento che limita le scelte di acquisto – ha detto -  Ci sono tanti altri fattori che impattano sulle decisioni dei cittadini: ambiente, economia e tecnologia”. 
Ma in che ordine? “Gli eventi climatici estremi impattano sui timori dei consumatori e praticamente tutti provano a fare qualche cosa per vivere in modo maggiormente sostenibile – ha sottolineato - il 58% compra solo il necessario per evitare sprechi, il 42% cerca di comprare prodotti con confezioni facilmente riciclabili, il 63% fa la raccolta differenziata e il 57% cerca di minimizzare l'uso di energia elettrica e riscaldamento. Sostenibilità, benessere, filiera, italianità sono i fattori che funzionano, quei trend che fanno bene a me al pianeta. Si nota una ricerca di convenienza anche in termini di tempo, di praticità di nell'acquisto”. 
Ma tornando all’inflazione, Galli ha sottolineato come la situazione sia ancora in divenire: “Gli incrementi nei prezzi non sono ancora finiti e gli alimentari e le bevande sono i comparti più impattati dagli aumenti. Se nel 2022 la variazione dei prezzi medi è del 13,4% nel totale del Largo consumo, per gli alimentari è del 14,5%”.
Come fa il consumatore a risparmiare? Secondo la rilevazione NielsenIQ il 34% sceglie il prodotto più conveniente tra una selezione di marche; il 31% compra qualunque brand si trovi in promozione, il 28% sceglie il prodotto più conveniente a prescindere dalla marca, il 26% sceglie la Marca del distributore e il 20% controlla l'ammontare totale del carrello rispetto a un budget predefinito. E quest'ultimo è un elemento nuovo rispetto al passato, che rende più razionale il comportamento di spesa”.
La ricerca di Nielsen ha fatto un focus anche sull’ortofrutta, per cui “ci sono carrelli più leggeri, minori sprechi e un cambio del mix. Si compra con la stessa frequenza, ma mettendo meno prodotti nel carrello: la diminuzione di quantità è inversamente proporzionale all'inflazione, tranne che per l'esotico che cala maggiormente”.
Per cercare risposte Nielsen ha anche interrogato l'ntelligenza artificiale, con risultati tutto sommato scontati ma da perfezionare (clicca qui per approfondire).

Una maggiore percezione del proprio valore da trasfeire alla società e una trasformazione del rapporto con l’opinione pubblica. Ecco i fattori su cui il settore ortofrutticolo dovrebbe lavorare per costruire il suo futuro, secondo l’eurodeputato e relatore del Regolamento sulle Indicazioni Geografiche, Paolo De Castro.
“La figura dell’agricoltore non è mai stata osteggiata come oggi – ha spiegato - uno scenario causato anche da un’inedita pressione sulle istituzioni europee da parte del mondo ambientalista e animalista che distorce la percezione che la popolazione ha del primo settore”. 
L’eurodeputato si è soffermato sulla tematica degli agrofarmaci: “Secondo l’opinione pubblica la situazione è in costante peggioramento quando, dati alla mano, l’utilizzo di principi attivi per la difesa delle colture non è mai stato così basso. Gli agricoltori sono pronti a sostenere la transizione ecologica, ma occorrono strumenti per supportare questo percorso: negli Stati Uniti sono stati messi a disposizione 20 miliardi di dollari per sostenere i produttori. L’Europa, al contrario, ha fissato un obiettivo molto alto senza porsi il problema degli strumenti per centrarlo e, al contrario, adottando un atteggiamento punitivo: il 50% di riduzione di utilizzo degli agrofarmaci, che per l’Italia si traduce in un 62% in meno, può anche essere raggiungibile ma si devono dotare gli agricoltori di tutti i supporti necessari. Perché senza agricoltori non può esserci transizione ecologica”. 
De Castro ha riflettuto anche sul nuovo regolamento europeo sulle Indicazioni Geografiche: “Il nostro obiettivo è dotare l’Europa del nuovo regolamento entro ottobre. Uno strumento essenziale per un comparto che vale 80 miliardi in Europa e 20 in Italia e che ha permesso la rinascita di territori in fase di abbandono: basta pensare a quanto è rinata la zootecnia da latte nelle colline emiliane grazie al Parmigiano Reggiano”. 
Secondo l’eurodeputato le indicazioni geografiche contribuiscono a creare lavoro e ricchezza ma “il sistema va sostenuto potenziando lo strumento dei consorzi di tutela, difendendo le indicazioni anche fuori dall’Europa con regole chiare e rigide, e abbattendo la burocrazia semplificando percorsi, come quelli dei disciplinari di produzione, che possono richiedere anni per una semplice modifica”.