Il famigerato Nutriscore esalta l’ortofrutta

Sarà anche iniquo per alcune tipicità nazionali, non certo per frutta e verdura

Il famigerato Nutriscore esalta l’ortofrutta

Il Nutriscore, la cosiddetta etichetta a semaforo, tanto temuta in Italia per il rischio di demonizzare alcuni must della nostra offerta alimentare, con il rischio di condizionarne anche l’export, sta diventando popolare anche fra i consumatori nostrani. Infatti, se in Europa sono oltre 37 milioni i consumatori che valutano gli acquisti alimentari tramite il nutriscore, anche nel Belpaese i numeri crescono e gli utilizzatori si attestano a 3 milioni. 

Artefice di questo successo è sicuramente Yuka, un’applicazione francese che permette di scansionare il codice a barre dei prodotti ottenendo, in tempo reale, una valutazione che oscilla da 0 a 100 e vira dal colore verde (consigliato) al rosso (sconsigliato), per dare un feedback immediato ai consumatori. I tre criteri che vengono presi in considerazione da Yuka e bilanciati per esprimere la valutazione sono: valore nutrizionale, presenza di additivi ed etichetta bio europea. 

Ma sono sufficienti questi parametri per decretare la qualità di un prodotto? la domanda sorge spontanea visto che, come ha sbandierato il lungo e in largo anche la stampa, sono emersi dati sorprendenti: il Parmigiano Reggiano è considerato un prodotto mediocre (punteggio 32/100) e con una valutazione inferiore alle patatine fritte in busta Crick Crock o San Carlo (punteggio 35/100). E anche il prosciutto crudo e l’aceto Balsamico di Modena hanno un punteggio inferiore alla tanto vituperata Coca-Cola zero. Numeri che sconvolgono i paradigmi classici dell’alimentazione e hanno sollecitano, addirittura, l’intervento dell’Antitrust.

L’obiettivo dichiarato dell’app è quello di supportare i consumatori all’acquisto e spronare l’industria alimentare a migliorare le caratteristiche dei prodotti. Almeno il primo è certo un obiettivo raggiunto, almeno presso gli utilizzatori, visto che il 92% dichiara di non acquistare il prodotto quando è contraddistinto dal bollino rosso. Ma anche sul secondo i risultati sono apprezzabili, visto che colossi alimentari come Nestlè e Unilever hanno esplicitamente confermato come l’app abbia condizionato la loro produzione.

E l’ortofrutta ha superato il test dell’app Yuka? Noi di IFN l’abbiamo testata su diversi prodotti ortofrutticoli freschi, frutta secca, IV e V gamma, succhi e macedonie. Possiamo confermare, app alla mano, che l’ortofrutta fresca ha superato a pieni voti l’esame.

L’arancia rossa di Sicilia, ad esempio, esce a punteggio pieno (100/100) come i kiwi gialli e le mele che hanno raggiunto la valutazione “eccellente”; risultati roboanti anche per i frullati di frutta (94/100), mousse di mela (90/100) e le verdure cotte al vapore. Ma anche le vellutate e le insalate di IV gamma totalizzano 90/100 e sono consigliatissime ai consumatori.  

Scendono di qualche gradino si trovano i prodotti plant based, come burger e polpette vegetali, che non arrivano alla soglia del 70 su 100 ma comunque sono indicati come prodotti “buoni”.

L’app Yuka ha fatto impallidire colossi sacri dell’agroalimentare italiano ma non di certo l’ortofrutta che gode di ottima salute agli occhi dell’applicazione francese. E se il tanto temuto nutriscore, fosse una “manna dal cielo” per il consumo di ortofrutta? Meditate gente, meditate.

Ha collaborato Alice Magnani