Coop strizza l'occhio alla nuova agricoltura

Mazzini: «Ecco come diamo valore all'innovazione. Test con l'aeroponica»

Coop strizza l'occhio alla nuova agricoltura
L'innovazione è un percorso generalmente lungo, in cui serve tempo. Ogni tanto, però, occorre anche bruciare le tappe perché le sfide della rivoluzione verde in campo alimentare - riassumibili in un "produrre di più con meno risorse" - non si vincono con i modelli del passato. In casa Coop Italia, per esempio, si strizza l'occhio alla nuova agricoltura, dove il ruolo della tecnologia è centrale e la sostenibilità delle produzioni è un fattore da tenere in primo piano.

Non parliamo di una lista di buone intenzioni, ma di un approccio tangibile nei punti vendita Coop, dove il consumatore può toccare con mano i risultati dell'innovazione agronomica e varietale sviluppata dai fornitori del distributore. L'innovazione - come racconta a Italiafruit News Claudio Mazzini, responsabile Freschissimi di Coop Italia - è una necessità per garantire un futuro all'ortofrutta e sta già cambiando il volto del settore.


Claudio Mazzini durante l'ultima edizione del Forum Cdo Agroalimentare

"La strada è tracciata: serve produrre di più con meno utilizzo di suolo, di mezzi tecnici, di acqua - ragiona Mazzini - Quindi servono nuove varietà ortofrutticole più aderenti alle richieste del mercato, cioè prodotti buoni e non solo quintali; ma anche tecniche agronomiche moderne e rispondenti alle sfide del futuro. Come catena distributiva stiamo perseguendo questi obiettivi: siamo stati tra i primi a inserire in assortimento prodotti coltivati in serre tecnologiche, all'inizio senza illuminazione a Led e poi con illuminazione a Led, abbiamo sperimentato le prime insalate da floating system e oggi siamo arrivati al vertical farming. Il percorso è questo, la nuova agricoltura sta entrando prepotentemente nel presente, e c'è sempre più bisogno di competenze tecniche e tecnologiche elevate, capacità di investimento, un approccio differente nelle relazioni di filiera. Ragioniamo dell'evoluzione dell'insalata, da pieno campo al vertical farming: sempre di un ortaggio a foglia parliamo, ma sto spostando l'asse della tecnologia, cambia la scala del valore, i fattori impiegati... E' un nuovo mondo da comunicare al consumatore: lo stesso vale per le coltivazioni a pieno campo, i cambiamenti climatici ci insegnano che i frutteti vanno protetti dagli eventi atmosferici estremi e dagli insetti alieni. Insomma, l'immagine dell'agricoltore col fazzoletto rosso al collo ormai appartiene al passato: se guardiamo al domani avremo bisogno di alta professionalità, manodopera specializzata, tecnici preparati a usare droni, sensori di serra. I sintomi del cambiamento ci sono tutti: se vogliamo salvare la remunerazione delle produzioni ortofrutticole serve cambiare il paradigma, segmentare l'offerta, rendere efficiente la coltivazione e raggiungere economie di scala".

"Come Coop - prosegue Mazzini - vogliamo cogliere questi cambiamenti e arrivare tempestivamente su tutte le innovazioni, provarle, capirne il gradimento tra i consumatori e valutare la sostenibilità complessiva. Nei nostri allestimenti ci sono già le iniziative più evolute, perché uno dei nostri mandati è quello di essere tempestivi sull'innovazione".



A proposito di nuove paradigmi, il vertical farming avvicina incredibilmente la produzione al consumo, soprattutto in ambiente urbano. E il mese scorso in alcuni punti vendita Coop a Milano è partito un test sulle insalate prodotte in aeroponica dalla startup Local Green. Tanta tecnologia a livello produttivo, varietà fuori dal comune (ad esempio mizuna, pak choi viola, kale rosso, acetosella), ma anche una strategia di marketing giovane, originale e coinvolgente. C'è una nuova lettura del chilometro zero - sulle confezioni si ricorda che le foglie arrivano da pochi chilometri dal Duomo - e ogni mix di insalata ha un nome milanese: mélange Brera, Sarpi e Moscova sono le tre referenze per ora proposte. Una spinta sull'identità cittadina che, in futuro, potrebbe essere mutuata anche per altre città se il progetto avrà successo.



"Nelle prime settimane di commercializzazione abbiamo notato un certo interesse da parte del consumatore, soprattutto sugli argomenti di vendita che maggiormente distinguono questa produzione: zero pesticidi, nichel free, ma anche il tema della qualità - evidenzia il manager Coop - Il prodotto è nuovo, non ha una sua categoria, diciamo che ricade nella prima gamma evoluta: non cresce a contatto con il terreno ma in un ambiente quasi asettico e non ha bisogno di essere lavato. La shelf-life è davvero interessante, gusto e croccantezza sono sorprendenti".



Le vaschette da 80 grammi sono vendute a 1,49 euro e per il momento, dice Mazzini, "il prezzo non è stato una barriera all'acquisto, ma devi spiegare perché il valore è diverso da una normale busta". E nel punto vendita, infatti, è stata messa in atto una strategia di comunicazione dedicata.



Ma in che cosa si distingue una produzione aeroponica? Ce lo spiega Lorenzo Beccari, 26 anni, uno dei fondatori di LocalGreen assieme a Paolo Forattini (24 anni) e a Marco Maggioni (31). "E' un sistema verticale, in ambiente chiuso, dove temperatura, umidità, anidride carbonica sono controllate, così come l'illuminazione a Led si sviluppa su precise lunghezze d'onda in funzione delle singole varietà coltivate. Anche la movimentazione dell'aria viene controllata. Le pareti si sviluppano fino a sei metri di altezza e qui i cespi sono coltivati tenendo le radici libera all'aria, su cui viene nebulizzata acqua con elementi nutritivi: la pianta assorbe così più ossigeno e ci sono vantaggi a livello produttivo. E' un sistema ingegnerizzato e industrializzato per creare una sorta di catena di produzione delle insalate: nel capannone entra il seme, germina e cresce, poi viene raccolto il prodotto e confezionato nello stesso magazzino: tra la raccolta e il confezionamento non passa nemmeno un'ora.


Lorenzo Beccari e Paolo Forattini

"La produttività è interessante, indipendente dal clima esterno, e il ciclo rispetto al campo aperto è breve: un metro quadro in vertical corrisponde a 350 mq in campo aperto; inoltre i sistemi LocalGreen assicurano un risparmio fino al 95% di acqua, 98% di suolo e 70% di fertilizzanti. La freschezza, poi, è un tratto distintivo - conclude Lorenzo Beccari - il prodotto non viene stressato e questo aumenta la sua shelf-life; al consumatore offriamo un prodotto salubre, con nuovi sapori, un gusto più autentico e una croccantezza tutta da scoprire".

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