Import, cresce anche in Spagna

La bilancia commerciale è però ancora in equilibrio grazie all’export

Import, cresce anche in Spagna

Come abbiamo scritto nei giorni scorsi (clicca qui per approfondire), in Spagna stiamo assistendo ad un calo delle esportazioni a volume ma, allo stesso tempo, a una decisa crescita a valore. In prima analisi abbiamo evidenziato come la motivazione di questo cambio di paradigma sia da ascriversi a una importanza crescente sia di nuovi prodotti ad alto valore aggiunto - come l’avocado e i mirtilli – sia allo sviluppo di linee premium per un paniere di referenze in costante crescita.

Per avere un quadro esaustivo degli scambi commerciali con l’estero è però necessario esaminare anche l’evoluzione delle importazioni.

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Iniziamo la nostra analisi dalle importazioni a volume dell’ultimo decennio. Il trend è piuttosto lineare, poiché si nota una crescita costante delle importazioni sia della frutta che degli ortaggi, con un dato aggregato in crescita di circa 70 punti percentuali nell’arco di 10 anni.

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Proseguiamo la nostra disamina nel dettaglio delle categorie più importate fra frutta e verdura
Partendo dagli ortaggi, si nota, nell’arco di un decennio, un incremento a doppia cifra per alcune categorie - e in alcune anche a tripla (cipolle, brassiche e cetrioli) - mentre solo i legumi mostrano il segno meno.

La Francia rappresenta quasi la metà di tutte le importazioni spagnole di ortaggi, forte di una posizione dominante su alcune categorie molto importanti, come le patate e le cipolle. Il secondo Paese – ma in forte crescita – è il Marocco e la ragione principale è da ricercare nei suoi bassi costi di produzione, soprattutto per quanto riguarda la manodopera, rispetto alla Spagna o a qualsiasi Paese europeo. Inoltre, la qualità è in costante crescita, grazie anche al know how delle aziende spagnole che si sono trasferite oltre le colonne di Ercole per produrre a costi più bassi.

Per quanto riguarda l’importazione di frutta, il quadro è leggermente diverso. Infatti, notiamo il forte incremento di quei prodotti, come le banane e la frutta esotica, che non sono coltivate in Spagna, ma che stanno conoscendo un aumento costante dei consumi a livello europeo. Non a caso, i prodotti più facili da coltivare nelle condizioni climatiche del Mediterraneo, come l’avocado, stanno riscontrando un grande interesse anche da parte dei produttori spagnoli.

Notevole anche l’incremento per meloni e angurie, come diretta conseguenza dell’exploit del Continente Africano negli ultimi anni (Marocco e Senegal in primis), che permette di anticipare la campagna commerciale europea. Negli agrumi c’è stato sicuramente un incremento degli acquisti dall’Egitto e del prodotto in controstagione da parte di importanti realtà del settore spagnolo. Significativa la crescita dei kiwi e, soprattutto, dei piccoli frutti, grazie a una forte pressione marocchina.
Infine, notiamo come alcune categorie, come drupacee e mele, mostrino un livello di importazioni stabile o addirittura in calo.
 

Saldo commerciale, ecco come si è evoluto in Spagna

L’ultima parte dell’analisi la dedichiamo all’evoluzione del saldo commerciale spagnolo nell’ultimo decennio, sia a valore che a volume, in quanto ci fornisce un indice sintetico utile a comprendere le dinamiche attuali e i possibili scenari futuri.

A volume, si nota un saldo in costante diminuzione dal 2019 al 2023, con quest’ultimo anno che rappresenta il punto più basso della bilancia commerciale spagnola: per la prima volta in 10 anni è stata inferiore a 8 milioni di tonnellate. D’altronde abbiamo visto come i quantitativi esportati siano in calo a fronte di un aumento delle importazioni.

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Il saldo a valore, invece, mostra una crescita costante – anche se a ritmi più contenuti nell’ultimo triennio – tanto da toccare, nel 2023, il valore record di 12 miliardi e 300 milioni di euro.

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In sintesi, dai dati emerge un aumento dei volumi importati, ampiamente compensato dal valore delle esportazioni. Quindi, per ora, non c’è di che preoccuparsi ma si rileva qualche campanello d’allarme che non va sottovalutato. 

Innanzitutto, la forte crescita di Paesi come il Marocco, Egitto e Turchia, che genererà una competizione sempre più serrata nei mercati internazionali, soprattutto per alcuni prodotti (vedi limoni e arance), per cui la Spagna non potrà più contare sulla competitività delle proprie produzioni come poteva fare fino a qualche anno fa, anche perché dal 2013 a oggi, il salario minimo interprofessionale per i lavoratori agricoli è passato da 9.034 €/anno a 15.120 €/anno.

A mio avviso, solo l’innovazione a tutti i livelli potrà garantire la competitività necessaria alle aziende spagnole per rimanere leader nei mercati internazionali. Chiaramente il prezzo non sarà più la principale leva competitiva, ma qualità, sostenibilità e alti standard igienico-sanitari saranno sempre di più i pilastri dell’ortofrutta iberica. Anzi, a onor del vero questi elementi interesseranno tutto il settore europeo, a partire dall’Italia, che è l’altro player di primo piano.(am) 

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