Dal campo
Anguria, un futuro da costruire insieme: un mattoncino alla volta
BASF | Nunhems riunisce a Roma i protagonisti del comparto per disegnare insieme le nuove rotte dell’anguria italiana

Un appuntamento che ha riunito i protagonisti della filiera dell’anguria per immaginare insieme il domani di una coltura sempre più strategica per l’ortofrutta italiana. Si è tenuto ieri a Roma il “Summit Anguria 2025 – Costruiamo il futuro”, evento organizzato da BASF | Nunhems, che ha visto la partecipazione di produttori, tecnici, distributori e rappresentanti della Gdo in un confronto ad ampio raggio sui trend di mercato, sull’evoluzione del consumo e sulle prospettive di innovazione varietale.
Un dialogo aperto, concreto e visionario, che ha messo in luce i pilastri su cui costruire il futuro del comparto: qualità, ricerca, programmazione e collaborazione di filiera. Dalla fotografia del mercato interno ed europeo ai nuovi comportamenti dei consumatori, fino ai percorsi di innovazione genetica, il summit ha offerto una panoramica completa sul presente e sul potenziale dell’anguria italiana, protagonista dell’estate e ambasciatrice del gusto Made in Italy.
Una coltura strategica per BASF | Nunhems
Ad aprire i lavori del summit è stato William Cavalieri, Country Sales Manager Italy di BASF | Nunhems, che ha sottolineato l’importanza strategica dell’anguria per l’azienda e per l’intero comparto.

“Per BASF | Nunhems l’anguria è una coltura strategica, e rappresenta per noi un traguardo significativo riuscire a riunire l’intera filiera per riflettere insieme sul futuro di questa produzione”, ha dichiarato Cavalieri.
Nel suo intervento, il manager ha voluto ringraziare il team commerciale, composto da Simona Parenti (Account Manager anguria e melone Nord), Angelo Vitiello (Centro-Sud) e Aurelio Boncoraglio (Sicilia), oltre al team comunicazione e marketing con Laura Mazzini, Customer Marketing Specialist – che ha coordinato gli interventi – ed Emanuele Montaghi, Marketing & Communication Specialist.
“L’obiettivo di questa giornata – ha spiegato Cavalieri – è raccontare, immaginare e costruire insieme il futuro dell’anguria: un obiettivo ambizioso, ma necessario per continuare a far crescere una filiera che rappresenta un’eccellenza del nostro Paese”.
Dall’innovazione varietale alla rivoluzione del consumo
Mirko Barbieri, Regional Head EMEA East di BASF | Nunhems, ha ripercorso le principali tappe che hanno segnato il successo dell’anguria nel portafoglio dell’azienda, un percorso costruito su innovazione, ricerca e attenzione al consumatore finale.

Tutto ha avuto inizio nel 1998 con la varietà Jubilee, seguita l’anno successivo dalla introduzione in Spagna della tipologia Sugarbaby Seedless, che rappresentò una vera svolta per il settore. Nei primi anni 2000 l’attenzione si è concentrata sulle varietà precoci e tradizionali, fino ad arrivare al 2005, quando BASF | Nunhems introdusse la prima mini anguria con microseme (Super Small Seed), una piccola rivoluzione produttiva.
Dopo un salto di oltre un decennio, nel 2017 è arrivata l’anguria midi nera senza semi, che ha dato inizio a una nuova rivoluzione varietale e a un cambio di paradigma nel consumo del frutto. Oggi, la sfida continua con l’evoluzione della mini anguria senza semi, simbolo di praticità e gusto.
Guardando al futuro, Barbieri individua due direttrici principali: da un lato il miglioramento genetico delle varietà mini con microsemi e altissima qualità organolettica; dall’altro la ricerca di nuovi formati, come le “personal watermelon”, angurie prêt-à-porter dal peso inferiore al chilo, pensate per il consumo individuale.
“Siamo il pilastro dell’anguria in Italia – ha sottolineato Barbieri –. Le nostre varietà occupano una posizione di primo piano e ci consentono di crescere in volumi. L’obiettivo è rinnovare e rafforzare le partnership per continuare a sviluppare insieme non solo il mercato, ma l’intera filiera”.
L’analisi di mercato: più superfici, più produzione, ma anche nuove sfide
La giornata è entrata nel vivo con l’intervento di Elisa Macchi, direttrice di CSO Italy, che ha offerto un quadro dettagliato sull’andamento del comparto angurie in Italia e in Europa.

Secondo i dati presentati, nel 2025 la superficie coltivata ad anguria in Italia ha raggiunto 17.836 ettari, con un incremento di quasi 2.000 ettari rispetto ai 15.927 del 2022. Il Nord Italia concentra il 20% delle superfici, mentre l’80% si trova tra Centro e Sud, con i principali bacini produttivi in Lombardia ed Emilia-Romagna al settentrione, e in Lazio, Puglia, Sicilia e Campania nel resto del Paese. Tutte queste aree – ha osservato Macchi – hanno registrato una significativa espansione negli ultimi anni.
A livello europeo, il primo produttore resta la Spagna, con 20-21 mila ettari coltivati, ma l’Italia si avvicina grazie alla crescita recente, riducendo il divario che in passato superava i 24 mila ettari.
Sul fronte produttivo, nel 2025 l’Italia ha raccolto 1.160.451 tonnellate di angurie, con un aumento di 200 mila tonnellate rispetto al 2024 e un progresso rispetto al 2022, quando la produzione era pari a 1.005.641 tonnellate.

Questa crescita, tuttavia, ha contribuito alle difficoltà della campagna 2025. “Troppa produzione – ha spiegato Macchi – dovuta all’aumento delle rese e delle superfici, accompagnata da un accavallamento tra le diverse aree produttive e da una domanda instabile, condizionata da un clima variabile”. Il risultato è stato un anno complesso, anche se alcune tipologie hanno tenuto meglio di altre.
Analizzando un campione di punti vendita, il prezzo medio dell’anguria negli ultimi cinque anni si è attestato tra 1,20 e 1,40 euro al chilo, con un leggero calo nel 2025. Le varietà midi senza semi si sono confermate le più remunerative, con valori intorno a 1,60 euro/kg, seguite dalle mini e infine dalle tradizionali.

Sul fronte dei mercati esteri, si registra un aumento delle importazioni tedesche, a fronte di un calo delle forniture dalla Spagna e di una crescita italiana, che tuttavia non riesce ancora a compensare le flessioni del Paese iberico. In Francia l’import si attesta attorno alle 250 mila tonnellate, ma l’Italia mantiene una quota marginale (circa 20 mila ton). In Regno Unito, invece, l’import di angurie è in forte aumento, raggiungendo le 200 mila tonnellate.
Nel complesso, l’anguria rimane uno dei pilastri dell’export ortofrutticolo italiano, con circa 300 mila tonnellate esportate ogni anno. Il prezzo medio delle ultime campagne si è mantenuto positivo, pur registrando un lieve calo nel 2024. In chiusura, Macchi ha illustrato i dati sul consumo apparente pro capite nei principali mercati europei: 12 chili in Spagna, 8 in Italia, 5 in Germania e nei Paesi scandinavi, 3 in Francia e 2,5 nel Regno Unito.
Il punto di vista del consumatore
A seguire, Sergio Grasso, Account Development di NielsenIQ, ha presentato i risultati di una ricerca consumer condotta con metodologia CAWI su un campione di 1.000 responsabili d’acquisto in Italia e 2.500 in Germania, offrendo uno spaccato interessante sulle abitudini e percezioni legate al consumo di angurie nei due Paesi.

Secondo l’indagine, in entrambi i mercati l’anguria è considerata un prodotto rinfrescante, con oltre il 50% degli intervistati che la associa a questo valore, nonché un simbolo dell’estate. In Italia, però, emergono ulteriori connotazioni: il frutto è percepito anche come dissetante e salutare, mentre in Germania si apprezza soprattutto la versatilità di consumo. In sintesi, per l’italiano l’anguria è sinonimo di salute e convivialità, dimensione quest’ultima che risulta più accentuata rispetto al consumatore tedesco.
Il bacino di consumo stimato è di 35,4 milioni di persone in Italia e 52 milioni in Germania. I target principali sono i bambini tra i 4 e i 13 anni e i genitori tra i 35 e i 54 anni, mentre adolescenti e over 65 mostrano una minore propensione al consumo. Sul fronte dei driver di scelta, la qualità resta il fattore più importante in entrambi i Paesi, seguita dal prezzo. Esistono però differenze interessanti: in Italia conta molto il colore dell’anguria, mentre in Germania il fattore “senza semi” è un elemento di valore decisamente più rilevante. Analizzando le tipologie preferite, emerge una forte polarizzazione in Germania, dove i consumatori si orientano soprattutto verso le mini e midi angurie, mentre in Italia le quote di mercato risultano più equilibrate tra prodotto intero e “prodotto servizio”, indipendentemente dalla pezzatura. “Il consumatore tedesco – ha spiegato Grasso – mostra una maggiore maturità verso le angurie seedless, complice il legame consolidato con la produzione spagnola, mentre in Italia si tratta di una novità ancora recente”.

La frequenza d’acquisto conferma la diversa intensità del consumo: il 35% degli italiani acquista angurie almeno una volta a settimana, contro appena il 14% dei tedeschi. In Italia, la Gdo copre il 56% delle vendite, seguita dai discount (26%) e dal canale tradizionale (17%).
Quanto alla distinzione tra angurie con e senza semi, il 32% dei consumatori tedeschi sceglie solo le seedless, mentre in Italia questa quota si ferma all’8%. Nel nostro Paese, infatti, la preferenza si divide: il 42% acquista entrambe le tipologie.
Il manager si è poi addentrato su di un focus sulle angurie senza semi: “Il principale driver di acquisto è la facilità di consumo, aspetto condiviso in entrambi i mercati. In Italia pesa anche la comodità di trasporto, mentre in Germania le angurie seedless sono apprezzate per la maggiore versatilità culinaria e per il valore aggiunto percepito”.
Infine, l’indagine ha esplorato i margini di miglioramento secondo i consumatori: “in Italia – ha concluso Grasso – emerge la richiesta di più informazioni su origine e tracciabilità, e una comunicazione più chiara e trasparente nei punti vendita. In Germania, invece, i consumatori chiedono forme più piccole, maggiore perfezione estetica e un ulteriore miglioramento qualitativo del prodotto”.
Di grande interesse anche la tavola rotonda che ha visto protagonisti esponenti del retail italiano ed europeo (clicca qui per leggere articolo).

Uno sguardo al futuro
A chiudere la giornata è stato William Cavalieri, che ha tirato le fila dei lavori sottolineando i punti chiave emersi dal confronto: “I mattoncini su cui costruire il futuro di questa filiera – ha evidenziato – sono informazione, consumatore, disciplina, progetto, programmazione, qualità e collaborazione. Per noi, che ci poniamo come promotori dell’innovazione, la collaborazione rappresenta un elemento cardine: è l’ingrediente segreto dei risultati raggiunti finora e la chiave per quelli futuri. Una collaborazione a 360 gradi, che coinvolge tutta la filiera, è ciò che ci unisce e che continuerà a garantire il successo”.
Cavalieri ha concluso ricordando il senso profondo dell’iniziativa: “Questo evento nasce per riaffermare la nostra vicinanza al settore: vogliamo essere partner della filiera, contribuendo insieme a costruire un futuro di valore e di successo”.



















