Agricoltura rigenerativa: l’ortofrutta italiana alla guida del cambiamento

Suolo più fertile, frutti di maggiore qualità e filiere certificate

Agricoltura rigenerativa: l’ortofrutta italiana alla guida del cambiamento

Rigenerare il suolo per rigenerare il futuro. L’agricoltura rigenerativa si sta imponendo come uno dei temi più innovativi nel panorama della sostenibilità agricola. Non si tratta solo di ridurre l’impatto ambientale, ma di andare oltre: ripristinare fertilità, biodiversità e resilienza degli ecosistemi. Un cambio di passo che interessa da vicino la produzione ortofrutticola italiana, comparto strategico per il Made in Italy e tra i più sensibili alle sfide legate a clima e mercato.
Il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) ha recentemente riconosciuto l’agricoltura rigenerativa come strumento chiave per il Green Deal e la strategia Farm to Fork. Non è soltanto una scelta etica: è anche una leva di competitività, capace di intercettare la crescente domanda di consumatori attenti a qualità, trasparenza e rispetto dell’ambiente. Anche sul fronte nazionale ci sono novità: l’Ente Italiano di Normazione (UNI) ha avviato un gruppo di lavoro dedicato all’agricoltura rigenerativa, con l’obiettivo di definire una norma tecnica che stabilisca criteri chiari, misurabili e verificabili.  «Una norma UNI condivisa – sottolinea Alberto Albertini, Responsabile Tecnico Ispezioni e Certificazioni di prodotto CCPB – sarà la base per costruire filiere ortofrutticole certificate e affidabili. Solo così i produttori potranno comunicare valore al mercato, distinguendo pratiche realmente rigenerative da generiche iniziative “green”».

L’ortofrutta come laboratorio della rigenerazione
Il comparto ortofrutticolo rappresenta il terreno ideale per l’applicazione di pratiche rigenerative. Spesso caratterizzato da coltivazioni intensive, ha sofferto negli anni criticità come erosione, perdita di sostanza organica e forte consumo di input chimici. Le pratiche rigenerative – cover crops, sovescio, riduzione delle lavorazioni, inserimento di siepi e infrastrutture ecologiche – possono restituire vitalità ai terreni e allo stesso tempo migliorare la qualità dei frutti e la loro conservabilità.
«L’ortofrutta italiana – spiega Albertini – può diventare un modello internazionale di come innovazione e tradizione possano convergere. Restituire vitalità al suolo non significa solo proteggere l’ambiente, ma anche garantire frutti più sani, gustosi e duraturi, con un valore aggiunto evidente per tutta la filiera».

Tecnologia e sostenibilità a supporto della filiera
Un tassello fondamentale sarà l’adozione di strumenti digitali e innovativi: sistemi di supporto alle decisioni (DSS), sensori in campo e tecniche di agricoltura di precisione permettono di monitorare in tempo reale lo stato delle colture, ottimizzare l’irrigazione, ridurre gli input chimici e massimizzare l’efficienza. Solo così i principi della rigenerazione possono tradursi in risultati concreti e misurabili, a beneficio degli agricoltori, dell’ambiente e dei consumatori.
L’agricoltura rigenerativa non riguarda solo la dimensione ecologica: integra sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Significa garantire suoli fertili e biodiversi, ma anche tutelare i lavoratori agricoli, rafforzare le comunità rurali e costruire filiere più eque, capaci di assicurare redditività a lungo termine. È quindi un modello olistico, che mette al centro la resilienza complessiva del sistema agroalimentare.

Opportunità e sfide per l’ortofrutta
I segnali dal mercato sono chiari: grandi catene distributive e imprese agroalimentari stanno puntando sempre più su prodotti certificati come rigenerativi, pronti a proporli come naturale evoluzione del biologico. Per la filiera ortofrutticola italiana si apre un’opportunità concreta di differenziazione e valorizzazione, rafforzando l’immagine del Paese come leader di qualità e innovazione sostenibile.
La transizione non è però priva di sfide: servono investimenti, formazione tecnica e accompagnamento degli agricoltori, oltre a politiche pubbliche e strumenti privati di sostegno. Non basta adottare una singola pratica: è necessario ripensare i sistemi produttivi in chiave sistemica e integrare competenze agronomiche, digitali e gestionali.

Certificazione e credibilità
In questo scenario, il ruolo degli organismi di certificazione diventa centrale. CCPB è già in prima linea: partecipa attivamente al gruppo di lavoro UNI sull’agricoltura rigenerativa e sta sviluppando strumenti di valutazione e certificazione dedicati. «Il nostro obiettivo – conclude Albertini – è dare visibilità e valore all’ortofrutta italiana da agricoltura rigenerativa, permettendo ai produttori di distinguersi e ai consumatori di riconoscere e premiare scelte agricole che guardano davvero al futuro».
Rigenerare il suolo significa rigenerare fiducia, valore e competitività. L’Italia, con le sue eccellenze ortofrutticole, ha tutte le carte in regola per diventare un punto di riferimento internazionale in questo nuovo percorso.