Dal campo
Amazon licenzia per far posto all’AI: l’ortofrutta, invece, non trova manodopera
La rivoluzione del colosso americano mette in luce il paradosso del lavoro

L’intelligenza artificiale è entrata prepotentemente nelle nostre vite. Tra stupore per le sue potenzialità e timori sul suo impatto, resta una domanda di fondo: fino a che punto sarà solo un supporto per l’uomo e non un suo sostituto? Un interrogativo che sembra uscito da un film di fantascienza anni ’80, ma che oggi suona più attuale che mai. Secondo quanto riportato da Reuters, Amazon si prepara a tagliare fino a 30.000 posti di lavoro nel settore corporate, uno dei più grandi licenziamenti di massa della storia americana. L’obiettivo è puntare su automazione, robot e intelligenza artificiale, con la prospettiva di arrivare entro il 2033 a una forza lavoro composta da 600.000 robot.
Una trasformazione profonda, giustificata dal CEO Andy Jassy come “una questione di cultura aziendale”, ma che la Senior Vice President Beth Galletti ha definito “un’evoluzione inevitabile: l’intelligenza artificiale è la tecnologia più rivoluzionaria dai tempi di Internet, capace di far innovare le aziende più rapidamente che mai”.

Amazon si prepara a una rivoluzione industriale 5.0 e l’ortofrutta?
Certo, non esistono colossi simili nel nostro comparto, ma qualcosa si muove. Dalle macchine dotate di lettori ottici e sensori AI ai robot raccoglitori, la tecnologia sta lentamente scendendo nei campi. E, come abbiamo raccontato nella 25ª edizione dello Speciale Frutta & Verdura, il futuro potrebbe essere più vicino di quanto pensiamo. (Clicca qui per approfondire)

Verrebbe da dire che per il nostro settore l’automazione non sia una minaccia: da anni si lamenta la carenza di manodopera. Tuttavia, la vera domanda è un’altra: le aziende italiane, spesso prudenti e legate alla tradizione, sono pronte a investire seriamente in intelligenza artificiale e robotica?
Le applicazioni più promettenti riguardano un’agricoltura sempre più connessa e intelligente: droni e sensori monitorano in tempo reale lo stato delle colture, mentre sistemi di irrigazione automatizzati si regolano in base ai dati meteorologici e alle esigenze effettive del suolo. Gli algoritmi predittivi permettono di stimare con maggiore precisione rese e tempi di raccolta, individuare tempestivamente malattie e parassiti, e persino supportare la selezione genetica di nuove varietà. Tutto questo si traduce in un aiuto concreto per gli agricoltori, che possono prendere decisioni più informate e mirate, migliorando efficienza, produttività e sostenibilità.

Un orizzonte affascinante, che promette molto ma non è privo di rischi. Se, da un lato, la tecnologia può colmare il vuoto lasciato dalla mancanza di braccia nei campi, dall’altro rischia di accentuare la fragilità di una filiera che già oggi fatica a tenere il passo dell’innovazione. La sfida, insomma, non è solo tecnologica ma culturale: saper usare l’intelligenza artificiale come alleato, senza trasformarla in un nuovo fattore di disuguaglianza o dipendenza.



















