PESCA COTOGNA DI ROSANO, UN VANTO DELLA VALLE DELL’ARNO IN VIA D’ESTINZIONE

PESCA COTOGNA DI ROSANO, UN VANTO DELLA VALLE DELL’ARNO IN VIA D’ESTINZIONE
E' uno dei prodotti più gustosi e ambiti da tutti gli amanti della frutta e non solo. Eppure la pesca cotogna di Rosano è a rischio d'estinzione. In questo periodo ogni anno centinaia di amanti della buona frutta si dirigono verso il paese nel territorio comunale di Bagno a Ripoli (provincia di Firenze), in una posizione centrale tra il Chianti, il Valdarno e la Valdisieve, alla ricerca del frutto tardivo, saporito, profumato, uno dei vanti delle produzioni agricole della Valle dell'Arno.
La pesca cotogna di Rosano rischia molto tra mancate tutele e la ‘solitudine' degli ormai rari produttori. A Rosano sono solo 4-5 quelli che ancora coltivano questa deliziosa pesca; quest'anno hanno dovuto combattere anche contro un meteo che ha ridotto a un terzo la tradizionale produzione. "Se la nostra azienda negli anni passati raggiungeva 150-180 quintali di pesche in un mese – spiega Alessandro Fonseca, agronomo e titolare della Fattoria di Petreto - quest'anno speriamo di averne almeno 50-60 quintali". È dal 1871 che l'azienda agricola di famiglia affianca alla coltivazione di vigneti e produzione di vini anche le pesche di Rosano. "Il microclima e il particolare terreno di questa zona ci permettono di avere frutti deliziosi e di elevata qualità. Insieme alla pesca ‘Regina di Londa', è un prodotto apprezzato da tutti gli amanti della frutta e fino agli anni '80 era molto ricercato e prodotto: solo nella nostra zona c'erano 50-60 ettari di terreno coltivato a pescheto. Ora sono 6-7 ettari al massimo. Un tempo c'erano le fiere della pesca con riconoscimenti per i migliori produttori, ora ci ritroviamo da soli a combattere contro la concorrenza della grande produzione, senza tutele per il nostro frutto".
Eppure sono ancora tanti i clienti che ogni anno bussano alla porta della fattoria e che, accolti dalla signora Luciana, chiedono espressamente la pesca cotogna di Rosano. "Con una produzione come quella attuale – dice ancora il titolare della Fattoria di Petreto – non riprendiamo neanche le ingenti spese della produzione, ma finché la passione e il cuore ce lo consentiranno, continueremo a coltivare i pescheti".
Urge dunque una tutela di questo prodotto tutto nostrano. "Al momento ci sentiamo soli, continua Fonseca. In Francia sarebbe stato tutelato dalle istituzioni e dagli enti di ricerca, usato come vanto nazionale". Cosa si potrebbe fare? "I Comuni della zona potrebbero unirsi per ottenere riconoscimenti Dop delle produzioni locali e per valorizzarle nel turismo e nel mercato, sottolinea Fonseca. Ma anche noi stessi produttori dovremmo avere uno spirito più cooperativo, unirci per imporre i nostri frutti sul mercato e per sfruttare opportunità di finanziamento pubblico".

Fonte: La Nazione Firenze