Dal campo
Fuji: come evitare l’alternanza di produzione
Potatura strutturata e diradamenti tempestivi sono cruciali per limitare il fenomeno

Fuji è sicuramente una delle varietà più apprezzate dal consumatore italiano.
È stata introdotta in Italia alla metà degli anni '80 e in diversi momenti sembrava poter diventare la varietà di riferimento per la nostra pianura, dove grazie al Consorzio MelaPiù è stata lanciata, studiata, e difesa.
Purtroppo alcuni difetti intrinseci alla varietà ne hanno fortemente limitato la diffusione tra i produttori.
Il limite maggiore di questo albero originario del Giappone e dal ‘difficile carattere’ è l’alternanza di produzione; questo difetto ha fatto sì che molti ‘melicoltori’, una volta piantata sono incorsi, ad annate alterne, al mancato ritorno a fiore e dopo alcune annate di ‘scarica’ l’hanno estirpata.
Michele Mariani e Alessandro Zago, tecnici della Fondazione per l'Agricoltura F.lli Navarra spiegano quali tecniche, si possono adottare per risolvere, o quantomeno contenere, questo problema.
“La soluzione per correggere questo difetto esiste e lo dimostra il fatto che alcuni – pochi – frutticoltori della nostra provincia riescono a produrre con regolarità dalle 35 alle 45 ton/ha di Fuji di prima qualità”.

“Prima di tutto si deve scegliere una forma di allevamento predisposta ad avere una ‘ramificazione complessa’ grazie alla quale durante la potatura sia possibile svuotare di gemme miste almeno il 30% dei rami secondari che potenzialmente si riempiranno - di gemme miste - l’anno successivo”.
“Sempre in potatura – proseguono Mariani e Zago – nell’anno di carica, con piante distanti, ad esempio, 1,5 mt si dovranno lasciare non più di 250-300 gemme miste per albero, che in normali condizioni di allegagione ci porteranno ad oltre 400 frutti a fine fioritura; dopo il diradamento chimico rimarranno circa 250 mele ovvero 100 in più di quelle necessarie per raggiungere il nostro obiettivo, ovvero frutti di qualità nell’anno corrente e buon ritorno a fiore nell’anno successivo”.
“E qui arriva la fase più importante e cioè la tempestività del diradamento manuale: entro e non oltre i 25 giorni dalla piena fioritura è determinante iniziare il ‘primo giro’ nel quale si deve rimuovere il 60-70% dei frutti totali da staccare, senza avere la presunzione di eliminarli tutti perché ancora troppo piccoli e nascosti”.
Passati 15 giorni si farà un secondo ‘giro’ (di rifinitura) per rimuovere il rimanente 30-40% di mele.
“È fondamentale intervenire precocemente e velocemente per favorire il ritorno a fiore – aggiungono – In ognuno dei due diradamenti si raccomanda di monitorare i frutti/pianta almeno nei primi giorni di lavoro, contando 3-4 piante/giorno per verificare se il ‘carico’ si avvicina a quello previsto per proprio sesto di impianto (esistono tabelle che mettono in relazione il numero di frutti con il sesto di impianto)”.
“Rispettando le regole descritte – concludono Mariani e Zago – l’alternanza di produzione viene limitata se non eliminata del tutto”. (lg)
Fonte: pagina Linkedin Fondazione per l’Agricoltura F.lli Navarra



















