Dal campo
Il regno dei mirtilli: crescita record e primato sulle fragole negli scambi globali
Esportazioni mondiali balzate da 108mila a oltre 600mila tonnellate in vent’anni, con un valore che supera quello combinato di fragole e lamponi

Il boom dei mirtilli è ormai sotto gli occhi di tutti: a livello mondiale i numeri confermano il sorpasso di questa specie sulle fragole, da sempre considerate il frutto di bosco per eccellenza. Sul fronte commerciale, infatti, i mirtilli hanno superato le fragole sia per volumi sia, soprattutto, per valore, ribaltando uno scenario che fino ai primi anni 2000 sembrava immutabile. A livello produttivo globale, però, le fragole continuano a dominare, con volumi raddoppiati al pari dei lamponi, anche se i mirtilli hanno addirittura triplicato la loro produzione.
Il percorso dei mirtilli ricorda quello degli avocado: entrati quasi in sordina nei frigoriferi di molti consumatori, senza una vera spinta pubblicitaria di tipo tradizionale. Nel processo di affermazione di questa bacca, i più giovani hanno fatto da traino, segno che i social media hanno giocato un ruolo decisivo nel diffondere i benefici del frutto “novità”, che è ormai sdoganato come snack salutare. E, proprio come gli avocado, i mirtilli non sono percepiti come stagionali: mantengono aspetto e sapore uniformi per dodici mesi, sebbene la loro finestra produttiva a livello nazionale superi di poco i 5-6 mesi. La ragione è evidente: la coltivazione in entrambi gli emisferi e la capacità delle varietà sviluppate dai breeder di reggere il trasporto marittimo a lunga distanza, coniugata a un miglioramento di gusto e calibro. Così gli scaffali dei supermercati sono costantemente riforniti tutto l’anno con un prodotto sempre più buono.
Questa immediata accettazione da parte dei consumatori si è riflessa nella crescita globale. Secondo la FAO, negli ultimi 20 anni la produzione di mirtilli ha accelerato a un ritmo doppio rispetto a fragole e lamponi.

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Ma è analizzando il commercio internazionale che si coglie davvero la portata del fenomeno: vent’anni fa i mirtilli pesavano appena 108.000 tonnellate nelle esportazioni mondiali, contro le 636.000 delle fragole. Oggi i mirtilli hanno superato queste ultime. E se si guarda al valore economico, il sorpasso è ancora più netto: le esportazioni di mirtilli valgono ormai più della somma di fragole e lamponi. In due decenni i mirtilli hanno doppiato le fragole, pur partendo da un terzo del loro valore: veri e propri schiacciasassi.

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Questa crescita nelle esportazioni è legata anche all’ingresso di nuove origini produttive, come mostra la tabella dei principali Paesi esportatori. Vent’anni fa Stati Uniti e Canada rappresentavano il 63% del commercio mondiale, con scambi quasi esclusivamente bilaterali: gli USA rifornivano il mercato canadese per buona parte dell’anno e il Canada completava l’offerta statunitense da agosto a novembre. Nell’emisfero sud, Cile e Sudafrica erano già presenti ma hanno registrato un’espansione significativa. Ancora più dirompente è stato l’ingresso del Perù, che in appena dieci anni è diventato leader mondiale, con esportazioni destinate quasi interamente ai mercati dell’emisfero nord.

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Dall’altra parte, Paesi produttori come Stati Uniti, Canada e Spagna hanno superato il consumo di un chilo pro capite, ma anche mercati con scarsa produzione interna – Germania, Regno Unito, Austria, Belgio e Svizzera – hanno raggiunto livelli simili grazie ad una crescita inarrestabile delle importazioni.

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Mirtilli in Italia: il potenziale è notevole, ma la produzione non è sufficiente
La fotografia ufficiale della produzione italiana permette di tracciare un trend ormai consolidato: il consumo nazionale è passato da meno di 100 grammi pro capite di vent’anni fa agli attuali quasi 400 grammi, in continua crescita, ma non ancora ai livelli degli altri Paesi europei. Un’espansione sostenuta soprattutto dalle importazioni, che hanno ampiamente superato la produzione interna (16 mila tonnellate contro 10 mila), mentre l’export si attesta poco sopra le 3 mila tonnellate. L’accelerazione è iniziata nel 2020 e mostra ancora margini significativi.

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Come in altri Paesi europei, anche la grande distribuzione italiana osserva come questo piccolo frutto, pur occupando pochi centimetri sugli scaffali, stia generando effetti positivi sul fatturato e sulla fidelizzazione dei clienti. In fondo, come accade per ogni prodotto che riesce a “intrufolarsi” nei nostri frigoriferi, una volta entrato tende a rimanerci: a garantirlo è l’intera filiera, oggi perfettamente allineata a sostenerne la crescita. (bf)



















