Caporalato in agricoltura: smantellata organizzazione moldava tra Mantova e Ferrara

Reclutavano connazionali con documenti falsi e li facevano lavorare fino a 16 ore al giorno

Caporalato in agricoltura: smantellata organizzazione moldava tra Mantova e Ferrara

All’alba di martedì 14 ottobre è andata in scena una vasta operazione condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo di Mantova, insieme ai militari del Nucleo ispettorato del lavoro, con il supporto delle compagnie di Gonzaga, Cento e Castelmassa e del 2° Nucleo elicotteri carabinieri di Orio al Serio. L’attività ha portato all’arresto di due imprenditori di origine moldava, un uomo di 36 anni e una donna di 42, entrambi residenti a Sermide e Felonica, accusati a vario titolo di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina pluriaggravato e di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Come riportano la Nuova Ferrara e la Gazzetta di Mantova, nel corso dell’operazione sono state eseguite perquisizioni domiciliari e informatiche in diversi comuni: Sermide e Felonica e Poggio Rusco (Mantova), Bondeno (Ferrara) e Castelmassa (Rovigo), oltre all’acquisizione di documenti presso lo studio di un commercialista. Nell’abitazione dei due arrestati i militari hanno trovato e sequestrato anche 12.650 euro in contanti.
Agli atti dell’inchiesta figurano anche due imprenditori agricoli italiani: un 39enne mantovano e un 56enne residente in provincia di Ferrara. Per entrambi è stato notificato un invito a rendere interrogatorio “preventivo”, finalizzato alla possibile applicazione di misure cautelari personali, con l’accusa di sfruttamento del lavoro in qualità di “utilizzatori finali” della manodopera reclutata illegalmente dai due moldavi.

L’indagine, partita nel luglio 2024 e coordinata dalla Procura di Mantova, ha ricostruito un sistema di caporalato ben organizzato. Secondo quanto emerso, i due arrestati avrebbero reclutato oltre cinquanta connazionali in Moldavia, spingendoli a raggiungere l’Italia in condizioni di bisogno e fornendo loro documenti falsi che li facevano passare per cittadini comunitari rumeni o bulgari, così da aggirare le procedure dei decreti flussi. Una volta giunti in Italia, i lavoratori venivano impiegati come braccianti in grandi aziende agricole del Mantovano, sottoposti a turni fino a 16 ore, privati del riposo settimanale, retribuiti con salari sproporzionati e senza alcuna tutela in materia di sicurezza.
Il sistema prevedeva anche l’alloggio, sempre a pagamento, nelle strutture messe a disposizione dagli stessi reclutatori. Ai lavoratori venivano imposte rigide regole e un costante controllo: chi non rispettava le disposizioni rischiava il licenziamento immediato e il rimpatrio forzato. Le indagini hanno inoltre accertato un sistematico inquinamento probatorio, con i braccianti indotti a fornire dichiarazioni false in caso di ispezioni.
Fondamentale, per la buona riuscita delle indagini, è stata la collaborazione del Centro di Cooperazione Internazionale di Polizia tramite Europol, che ha permesso di verificare l’autenticità dei documenti sequestrati e di confermare la piena consapevolezza degli indagati circa lo stato di clandestinità dei lavoratori. (aa)