Dal campo
Malgrado le difficoltà produttive, la qualità del fico lucano dà fiducia per il futuro
Per l’OP Ancona un’annata complessa: meno rese, ma sapore e Residuo Zero premiano

Sta per chiudersi la campagna del fico in Basilicata, in un’annata caratterizzata da luci e ombre per l’OP Ancona di Metaponto (MT). Come racconta Antonio Vito Ancona, socio produttore, “la raccolta, iniziata a fine luglio-inizio agosto, è ormai agli sgoccioli con un leggero anticipo rispetto al solito: le temperature più basse delle ultime settimane accelerano la tendenza. È stata una stagione complicata: da un lato abbiamo registrato una riduzione della produzione del 20-30%, dall’altro è mancata la regolare scalarità di maturazione. Dopo un avvio lento ad agosto, c’è stato un exploit a settembre, con un aumento improvviso dell’offerta che ha inevitabilmente pesato sui prezzi. Successivamente il mercato si è assestato, ma possiamo dire che non è stata una campagna lineare”.
Il fico lucano resta comunque una delle punte di diamante dell’OP Ancona, coltivato su circa 70 ettari da oltre cinquant’anni. “È uno dei prodotti che più ci rappresentano e sul quale vantiamo un’esperienza consolidata, condizione indispensabile per ottenere risultati da una coltura tanto complessa”, sottolinea Ancona.

La delicatezza del fico impone cure particolari: “non tollera le piogge e viene lavorato direttamente in campo per evitare ulteriori manipolazioni”, spiega il produttore. “Ha una shelf life molto breve, nell’ordine di pochi giorni, e per questo lo spediamo subito dopo la raccolta verso i mercati di destinazione”. Una fragilità che si accompagna a qualità organolettiche uniche: “a maturazione il frutto ha una consistenza che si scioglie in bocca, con una dolcezza delicata e invitante, ben diversa dai fichi esteri, più sodi e conservabili ma inferiori dal punto di vista sensoriale”.
Un valore riconosciuto dal mercato, sia in Italia che all’estero: “i mercati tedeschi apprezzano molto il nostro prodotto, e ci impegniamo a consegnarlo nelle condizioni ottimali di consumo. Inoltre, la nostra produzione può fregiarsi della certificazione Residuo Zero, frutto di una gestione attenta e di un impiego ridotto di input chimici”.

Nonostante la reputazione crescente, l’OP Ancona non prevede nel breve periodo ampliamenti delle superfici. “Oltre alle difficoltà climatiche, che restano rilevanti, pesano l’aumento dei costi e i tempi lunghi per l’entrata in produzione della pianta, che non avviene prima di 6-7 anni”, spiega Ancona. Ma la criticità principale resta la manodopera: “la raccolta richiede operatori esperti, già difficili da reperire, e nel caso del fico si aggiunge il problema delle allergie alla pianta, che restringe ulteriormente il bacino di lavoratori disponibili”.
Alla mancanza di personale si somma l’emergenza idrica: «le precipitazioni si sono ridotte al minimo e le dighe sono quasi vuote. Anche se il fico non ha esigenze idriche elevate come altre colture, necessita comunque di un apporto costante per mantenere standard qualitativi adeguati».
Nonostante tutto, il fico lucano continua a distinguersi per la sua tipicità e per il riconoscimento crescente da parte della distribuzione. “Le difficoltà non mancano – conclude Ancona – ma la qualità del nostro prodotto resta un punto fermo, e questo ci dà fiducia per il futuro”. (bf)