Rame confermato fino al 2029, ma sotto stretto controllo UE

Il prodotto resta insostituibile nel biologico

Rame confermato fino al 2029, ma sotto stretto controllo UE

Il Ministero della Salute ha comunicato con una nota del 31 luglio scorso, che l’autorizzazione all’immissione in commercio del rame è prorogata fino al 30 giugno 2029, a seguito del Regolamento UE 2025/1489. La proroga serve a garantire più tempo per la valutazione del dossier di rinnovo da parte della Commissione europea, dell’EFSA e del Ministero della Salute, con l’Italia che è lo Stato Membro Relatore. Il rame rimane una sostanza insostituibile, soprattutto in agricoltura biologica e per colture come ortive e vigneti, contribuendo a combattere malattie fungine come la peronospora. La sua azione riduce il rischio di resistenze e, dopo oltre 140 anni di utilizzo, la sua efficacia resta invariata, soprattutto in ambito biologico-vitivinicolo, dove negli ultimi anni, anche a causa del cambiamento climatico, le malattie fungine della vite sono in aumento e, senza l’opportunità di utilizzo del rame, gli agricoltori avrebbero riportato ingenti danni economici nelle ultime campagne vendemmiali. Il rame è inoltre presente nell’elenco delle sostanze fitosanitarie ammesse nel Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata (SQUNPI) ed assume un ruolo chiave laddove, dai protocolli dello schema, sono state ridotte le dosi di altre sostanze attive utilizzabili per questo tipo di malattie fungine.

Il rame in agricoltura biologica: tra necessità e sostenibilità
In un mondo sempre più attento alla sostenibilità ambientale e alla salubrità degli alimenti, l’agricoltura biologica rappresenta una risposta concreta alle esigenze dei consumatori e del pianeta. Tra le poche sostanze attive ammesse in questo sistema di coltivazione, il rame occupa un ruolo centrale. Ma il suo utilizzo, seppur fondamentale, è soggetto a limiti stringenti per evitare effetti collaterali sull’ambiente. L’uso del rame è stato negli anni ottimizzato con formulati a basso dosaggio, rispettando il limite UE di 4 kg/ha annui e il principio del “lissage” per le colture poliennali. La sfida per l’agricoltura biologica è trovare un equilibrio tra efficacia e sostenibilità. Nuove molecole naturali (chitosano, argille, laminarina) possono integrare, ma non sostituire, il rame, in caso potranno essere solo considerate complementari. Alcune ricerche stanno esplorando queste alternative al rame, tuttavia, al momento, il rame resta un presidio irrinunciabile per molte colture, soprattutto in condizioni climatiche favorevoli allo sviluppo di patogeni.

I limiti imposti dalla normativa europea verso un futuro più sostenibile
Nonostante la sua utilità, il rame è un metallo pesante che può accumularsi nel suolo, alterando la microflora e la fauna del terreno. Per questo motivo, l’Unione Europea ha stabilito limiti precisi al suo impiego: L’attuale disposizione sull’utilizzo del rame in agricoltura ed in agricoltura biologica è il Reg. UE 1981/2018 (che autorizza un utilizzo di rame sulle colture ad una dose di 28 kg/ha di rame in 7 anni, con conseguente aggiornamento del Reg. UE 540/2011) ed il Reg UE 1165/2021 che riprende quanto già indicato nel Reg. UE 1981/2018.
Quindi sono autorizzati esclusivamente gli impieghi che comportano un'applicazione totale non superiore a 28 kg/ha di rame nell'arco di 7 anni con flessibilità da un anno all’altro. In altre parole circa 4 kg/ha/anno con la possibilità di ridurre o aumentare l’impiego secondo le annate. Il regolamento ha introdotto per gli Stati membri anche la possibilità di vietare la flessibilità nei sette anni. L’Italia, ha optato per il mantenimento della flessibilità concessa agli Stati membri.
Grazie a protocolli di monitoraggio e agricoltura di precisione, l’uso della sostanza è più efficiente e sostenibile, con una significativa riduzione negli ultimi 20 anni.
L’utilizzo del rame in agricoltura biologica è un esempio emblematico di come la sostenibilità richieda scelte ponderate e regolamentate. È un alleato prezioso, ma va gestito con responsabilità. Solo così sarà possibile garantire produzioni sane, rispettose dell’ambiente e in linea con i principi del biologico. (aa)

Fonte: Blog CCPB