Attualità
Suolo sano per una frutticoltura di valore
La fondazione FRESH ha riportato il terreno al centro, chiave di qualità e resilienza per le produzioni del futuro

La qualità della frutta nasce da un suolo sano. È da questa consapevolezza che parte la riflessione lanciata dal convegno “Salubrità del suolo imprescindibile per le produzioni frutticole di qualità”, organizzato dalla Fondazione FRESH e svoltosi venerdì scorso al Campus Unitec di Lugo di Romagna.
“Oggi l’ortofrutta italiana deve fare i conti con un progressivo impoverimento della fertilità dei terreni, conseguenza di pratiche agricole intensive, ristoppi, lavorazioni eccessive e uso prolungato di fertilizzanti minerali. Un problema che non è più solo tecnico, ma strategico: senza un suolo fertile, vitale e ricco di biodiversità, non è possibile produrre frutta di qualità” – ha sottolineato il prof. Luca Corelli Grappadelli, dell’Università di Bologna, tra i promotori della Fondazione FRESH e moderatore dell’incontro.”

Il convegno ha acceso i riflettori sull’urgenza di invertire la rotta, investendo nella salvaguardia e incremento della sostanza organica, nella tutela del microbioma del suolo e nella valorizzazione della flora e fauna terricola, elementi chiave per mantenere equilibrio, struttura e funzionalità biologica. Il terreno, ricordano i relatori, va gestito come un organismo vivo, capace di nutrire e proteggere le piante, e non come un semplice supporto produttivo.
Rigenerare la fertilità del suolo significa, in definitiva, rigenerare l’intera frutticoltura italiana, restituendole solidità, sostenibilità e prospettiva di qualità.
FRESH, una rete per innovare la frutticoltura
I lavori si sono aperti con i saluti di Angelo Benedetti, presidente di Unitec e padrone di casa, tra i promotori della Fondazione insieme a Orogel Fresco, Consorzio Melinda, Casa della Frutticoltura (CIIFF), Dott. Nicola Coniglio S.r.l., Futura S.p.A. e Jingold S.p.A. Fondata nel 2024 come fondazione di diritto privato senza fini di lucro, FRESH nasce con l’obiettivo di promuovere innovazione, ricerca applicata, formazione tecnica e divulgazione scientifica a sostegno della competitività e della sostenibilità delle filiere frutticole italiane.
“Mi auguro che la Fondazione possa crescere, coinvolgere sempre più attori e contribuire a trovare soluzioni concrete ai problemi del settore” – ha dichiarato Benedetti. – “Ci occupiamo del terreno perché è da lì che nasce tutto, e trascurarlo è un errore. Serve fare un passo avanti nel modo di pensare e agire, per migliorare ogni giorno un po’ di più. Sono orgoglioso di ospitare eventi come questo, perché abbiamo bisogno di unire tutta la filiera e lavorare insieme per ridare fiducia e prospettive al nostro comparto”.

Oggi FRESH rappresenta un unicum nel panorama nazionale, capace di mettere in rete produzione, ricerca, tecnologia e cooperazione. Grazie alla sua struttura aperta e interdisciplinare, la Fondazione organizza eventi scientifici e attività operative che fungono da ponte tra ricerca e pratica in campo, offrendo supporto concreto alle imprese e ai professionisti del settore.
Costantini: “Il suolo è una macchina ecologica fragile”
Ad aprire il confronto tecnico è stato il prof. Edoardo Costantini, Past President dell’International Union of Soil Sciences, che ha ricordato come il suolo rappresenti un sistema vivente e dinamico, una “macchina ecologica” tanto complessa quanto fragile.
“Per funzionare bene il suolo deve essere in salute – ha spiegato – perché da esso dipendono i flussi idrici, la capacità di trattenere carbonio, la struttura e l’equilibrio dei cicli biogeochimici dei nutrienti”.

Costantini ha sottolineato l’importanza di una gestione agroecologica del frutteto, concepito come un sistema integrato che unisce pianta, superficie e profilo del suolo. L’approccio corretto deve iniziare prima dell’impianto, evitando lavorazioni eccessive che riducono portanza e vitalità del terreno. Tra i rischi principali ha citato erosione e compattamento, fenomeni che nei frutteti italiani possono causare perdite fino a 12 tonnellate di suolo per ettaro all’anno.
Il docente ha inoltre richiamato l’attenzione su nuove tecniche di pedotecnica a strati e sull’uso di sensori geoelettrici per mappare la variabilità dei suoli e calibrare gli interventi. “La sfida – ha concluso – è costruire un modello di agricoltura di precisione sostenibile, capace di adattare ogni intervento alle caratteristiche del terreno e valorizzarne la diversità”.
Tagliavini: “Radici sane solo in un suolo ben strutturato”
Il prof. Massimo Tagliavini (Libera Università di Bolzano) ha posto l’accento sul rapporto tra struttura del terreno e sviluppo radicale.
“Il compattamento del suolo, spesso dovuto al passaggio dei mezzi agricoli – ha spiegato – crea un vero e proprio muro: mancano i macropori, le radici vanno in asfissia e la loro crescita si blocca”.

Il docente ha poi illustrato i risultati di uno studio decennale condotto su un meleto altoatesino, che ha mostrato la capacità del sistema di accumulare circa 150 grammi di carbonio per metro quadrato all’anno nella biomassa permanente. Un dato che dimostra come la frutticoltura possa contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico. Per migliorare la fertilità del terreno, Tagliavini ha richiamato l’importanza della biomassa restituita al suolo, delle cover crops e della fertirrigazione di precisione, integrata da soluzioni agroecologiche come la consociazione con le leguminose per l’apporto di azoto. “La gestione della fertilità del suolo – ha concluso – resta una delle sfide più complesse della frutticoltura: le tecniche di precisione e le pratiche agroecologiche devono integrarsi per garantire produttività e sostenibilità”.
Dichio: “Un terzo della CO₂ agricola proviene dal suolo”
L’intervento del prof. Bartolomeo Dichio (Università della Basilicata), ha messo in evidenza il ruolo del suolo nella mitigazione climatica.
“Circa un terzo della CO₂ emessa dall’agricoltura proviene direttamente dal suolo – ha spiegato – perché negli ultimi decenni il terreno si è impoverito di carbonio organico. Oggi la sfida è trasformare il suolo agricolo da fonte di gas serra in serbatoio di carbonio”.

Il docente ha ricordato come la nuova direttiva europea sul carbon farming e il recente quadro di certificazione dei crediti di carbonio vadano in questa direzione, premiando la gestione sostenibile. Le sue ricerche dimostrano che l’aumento della sostanza organica migliora infiltrazione, porosità e capacità di trattenere acqua, riducendo erosione e ruscellamento. Un tema cruciale riguarda la gestione dell’acqua, soprattutto per specie sensibili come l’actinidia. “Un suolo destrutturato o irrigato in eccesso – ha avvertito Dichio – produce CO₂ e metano, riduce l’ossigeno e porta lentamente alla morte della pianta, che è ciò che accade con la Moria del kiwi. È un problema che parte da una gestione errata dell’irrigazione”.
Da qui il richiamo a un approccio olistico e rigenerativo, che parta dalla vocazionalità dei terreni, prosegua con scelte varietali mirate e si fondi su irrigazione di precisione e agricoltura rigenerativa.
Morandi: più biodiversità con il progetto DREAM
La prof.ssa Brunella Morandi (Università di Bologna) ha illustrato i risultati del progetto DREAM, che sperimenta un meleto multivarietale consociato con cover crops per incrementare biodiversità e sostenibilità.
Il miscuglio apistico annuale utilizzato – composto da trifogli, meliloto, sulla, camelina, aneto e colza foraggera – ha garantito un nutrimento prolungato per api e impollinatori, con un notevole aumento della fauna utile.

“La biodiversità cresce in modo sensibile – ha spiegato – e la competizione tra melo e cover crops è minima, senza impatti negativi sull’efficienza d’uso dell’acqua”. I meleti DREAM, ha aggiunto, mostrano una produttività paragonabile ai sistemi convenzionali ma con un valore ecologico nettamente superiore.
Microbioma, biostimolanti e nuove frontiere della fertilità
La sessione finale, moderata dal prof. Corelli Grappadelli, ha visto gli interventi del prof. Davide Bulgarelli (University of Dundee), della dott.ssa Loredana Canfora e del dott. Eligio Malusà (CREA), del prof. Antonio Ferrante (Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa) e della dott.ssa Teresa Schipani (Regione Emilia-Romagna).
Gli esperti hanno approfondito il ruolo del microbioma del suolo, sottolineando come la sua ricchezza e diversità influenzino in modo diretto la disponibilità dei nutrienti, la resistenza agli stress e la salute delle piante. Il microbiota radicale, in particolare, è stato definito “un vero alleato invisibile della produttività”, capace di migliorare la resilienza delle colture. Ampio spazio è stato dedicato anche ai biostimolanti, strumenti chiave della gestione rigenerativa del suolo. Le ricerche illustrate mostrano l’efficacia di bioinoculi e formulati microbici nel migliorare la struttura del terreno e ridurre la dipendenza da input chimici, soprattutto se integrati con pratiche di precisione e gestione sostenibile dell’acqua.
La Regione Emilia-Romagna, rappresentata da Teresa Schipani, ha ribadito l’impegno a sostenere queste innovazioni attraverso il coPSR 2023-2027, che incentiva la tutela del suolo, la biodiversità e la transizione ecologica delle imprese agricole.

Suolo vivo, frutticoltura di qualità
In chiusura, il convegno ha ribadito un messaggio condiviso: la salute del suolo è la condizione imprescindibile per una frutticoltura moderna e sostenibile.
Rigenerare la sostanza organica, valorizzare il microbioma e integrare biotecnologie e pratiche agroecologiche non è più un’opzione, ma una necessità. Solo partendo da un terreno vivo e fertile sarà possibile garantire produzioni di qualità e un futuro competitivo per l’ortofrutta italiana.


















