Giappone, 100 euro al kg per le fragole “al cherosene”

Chilometro zero indigesto per l’ambiente, le serre riscaldate fanno impennare le emissioni

Giappone, 100 euro al kg per le fragole “al cherosene”

È fragola mania in Giappone. Il frutto è ormai un dono natalizio irrinunciabile, che raggiunge quotazioni anche superiori ai 100 euro al kg. Una vera manna per i produttori locali ma con risvolti ambientali drammatici. Il boom del frutto brucia infatti migliaia di tonnellate di cherosene.
Come racconta un articolo del New York Times, il consumo della fragola nel Sol Levante è ormai totalmente destagionalizzato. Da tipica produzione primaverile, la richiesta dei consumatori l’ha trasformata in una referenza invernale. Per accordarsi alla nuova dinamica di consumo, i produttori hanno fatto scelte a dir poco drastiche, azzerando la produzione primaverile per anticipare a novembre le prime raccolte. Una decisione che ha comportato l’utilizzo di serre riscaldate, principalmente a cherosene, per ovviare a temperature che nella zona nord del paese sono spesso sotto zero in inverno.

Il consumatore giapponese è infatti un vero cultore delle primizie, disposto a spendere cifre folli per avere i primi frutti, il primo tonno e persino il primo riso della stagione, soprattutto se locale. Una applicazione del concetto del consumo a chilometro zero con esiti paradossali. Le serre riscaldate, infatti, consumano moltissimo carburante, al punto che uno studio sull’impronta carbonica dei prodotti ortofrutticoli rileva che quella delle fragole in Giappone è di 8 volte superiore a quella dell’uva e di oltre 10 volte quella dei mandarini.
“Il responsabile principale di questa differenza è il riscaldamento” fa notare Naoki Yoshikawa, ricercatrice in scienze ambientali all’Università di Shiga che ha guidato lo studio. Le emissioni dovute al consumo energetico superano infatti persino quelle dovute al trasporto, sfatando così il mito del buy local come panacea di tutti i mali ambientali. 

L’impatto del trasporto era già stato ridimensionato da uno studio inglese del 2010, che segnalava che importare pomodori prodotti in pieno campo dalla Spagna aveva un costo in termini di emissioni di gas serra inferiore a quello di produrli in serra riscaldata nel Regno Unito.
Gelate, ondate di calore, siccità, bombe d’acqua. Il riscaldamento climatico e i suoi effetti sono una realtà e combatterli è la priorità di governi e aziende. I rimedi però, come abbiamo visto, sono tutt’altro che scontati: se l’auto elettrica non pare risolvere i problemi di inquinamento nel trasporto, il consumo a chilometro zero pone altrettanti interrogativi nel nostro settore, con esiti talvolta grotteschi. La strada per ridurre l’impatto ambientale non ha un’unica direzione, servirà un approccio pragmatico per applicare la miglior soluzione ai singoli casi.