Radicchio d’Argento: 25 anni di gusto, cultura e territorio

Domenica si è celebrata l’eccellenza del Radicchio di Verona IGP tra giovani chef, ricerca, storia e neuroscienze

Radicchio d’Argento: 25 anni di gusto, cultura e territorio

Domenica si sono celebrate le nozze d’argento del “Radicchio… D’argento”, il Concorso Gastronomico Interregionale che dal 2000 rende omaggio e valorizza il Radicchio di Verona IGP, autentica eccellenza agricola e simbolo identitario della pianura scaligera.

La venticinquesima edizione ha preso vita nella cornice suggestiva del Castello di Bevilacqua, nel cuore della zona di produzione, dove i giovani chef degli istituti alberghieri regionali e nazionali hanno presentato le loro creazioni a base di Radicchio di Verona IGP, accompagnate dai vini delle cantine locali. Una giuria presieduta dallo chef Andrea Cesaro ha premiato i piatti più convincenti per equilibrio, estetica, innovazione e rispetto della tradizione.

«È un’emozione arrivare a questo traguardo delle 25 edizioni – ha dichiarato Cristiana Furiani, presidente del Consorzio del Radicchio di Verona IGP – per un evento nato per mettere in luce tutte le potenzialità gastronomiche e culinarie di un prodotto che rappresenta una vera eccellenza del territorio. Il Radicchio di Verona IGP sta conquistando sempre più spazio nel carrello degli italiani, grazie anche alle molte attività messe in campo dal Consorzio: dagli spazi televisivi nazionali e locali ai convegni, fino agli eventi internazionali. Il Radicchio d’Argento è una celebrazione annuale che non solo esalta il prodotto, ma rafforza la squadra in vista delle prossime iniziative di promozione. È un impegno costante, 365 giorni l’anno, che sta dando grandi soddisfazioni anche sul fronte commerciale: quest’anno il Radicchio di Verona IGP è entrato nella linea Fior Fiore di Coop Italia, dedicata alle eccellenze gastronomiche del Paese».

Cristiana Furiani, Presidente del Consorzio del Radicchio di Verona IGP

Qualità e innovazione spingono il prodotto anche verso nuovi territori: è nata infatti la birra al radicchio, Radì, frutto di un’intuizione di Sara Azzolini dell’OP Geofur. «È un modo per avvicinare i più giovani al prodotto e al valore dell’IGP come garanzia di qualità certificata. I risultati? Oltre le aspettative, soprattutto per l’interesse sui social, che ci ha sorpreso. Certo, resta una nicchia, ma è fondamentale esplorare nuove strade per ampliare il perimetro dei consumi. Lo stesso vale per il panettone al radicchio: ogni consumatore incuriosito diventa un ritorno per tutto il comparto».

Sara Azzolini di OP Geofur

Venendo alla competizione, gli istituti alberghieri si sono sfidati a colpi di ricette sfiziose e accostamenti ricercati, capaci di mettere davvero in luce la sorprendente versatilità del Radicchio di Verona IGP. Un ingrediente che, nelle mani dei giovani chef, si è trasformato ora in protagonista, ora in delicata nota aromatica, rivelando sfumature nuove e inattese.

Nella foto la brigata che ha vinto il Radicchio d'Argento

Il menù ha aperto il sipario con un antipasto elegante, la Sfera al radicchio dry, un piccolo scrigno croccante che racchiudeva la profondità amarognola dell’ortaggio, quasi fosse un benvenuto iniziatico al mondo del radicchio. Poi, con i primi, si è iniziato a fare sul serio: gli Gnocchetti “Profondo Rosso”, morbidi e avvolgenti, hanno portato in tavola la tonalità più intensa del radicchio; il Bricciolone del Borghetto ha giocato con consistenze antiche e sapori di memoria; mentre il Risotto al radicchio IGP di Verona ha incarnato la classicità perfetta, dove la cremosità del riso si fondeva con il carattere deciso del protagonista della serata.

Da sinistra: Sfera al radicchio dry e Gnocchetti “Profondo Rosso” (vincitori della gara)
Da sinistra: Bricciolone del Borghetto e Risotto al radicchio IGP
Da sinistra: Carezza d’anatra al radicchio IGP di Verona e Terradicchio in giardino

Il secondo piatto, la Carezza d’anatra al radicchio IGP di Verona, ha unito la ricchezza della carne alla freschezza amaricante dell’ortaggio, in un abbraccio morbido che sapeva di autunno e di terra. Per chiudere, il dessert Terradicchio in giardino ha sorpreso tutti: un dolce che giocava coi contrasti fra l’intensità del cioccolato e lo spunto del radicchio.

A valorizzare i piatti, una selezione impeccabile di vini del territorio: tra Soave e Bardolino, ogni calice ha trovato il proprio piatto prediletto, esaltando il radicchio sotto nuove prospettive aromatiche e confermando quanto questo ingrediente possa dialogare con il territorio a 360 gradi.

Il giudizio finale è stato affidato a una doppia giuria, popolare e tecnica, che ha registrato un livello complessivo decisamente elevato. A convincere maggiormente la giuria tecnica è stato il piatto “Gnocchetti Profondo Rosso”, aggiudicatosi il Radicchio d’Argento: qui le note amare del radicchio si fondevano con funghi e salsiccia, bilanciandone la grassezza e restituendo un equilibrio sorprendente, capace di lasciare il segno.

La mattinata dedicata alla mente
La giornata si era aperta già al mattino con il convegno “Le neuroscienze, ricerche per nutrire la mente”, ospitato nel suggestivo Monastero di San Salvaro, tra Padova e Verona: un antico luogo di sosta per pellegrini, oggi museo e ostello, che ha fornito la cornice ideale per riflettere sul legame profondo tra cibo, mente e territorio.

Da sinistra Michele Antonelli, Maurizio Drago, il Sindaco di Urbana, Cristiana Furiani, Enzo Gambin, Alessandro Norsa e Luca Valdetara

Moderati dal giornalista enogastroturista Maurizio Drago, si sono alternati interventi che hanno intrecciato scienza, storia e cultura del radicchio. Il psichiatra e scrittore Michele Antonelli ha ricordato come non esistano “medicine” per la demenza, ma solo stili di vita: e l’alimentazione mediterranea – con abbondanza di verdura, frutta, cereali integrali, olio d’oliva, legumi, frutta secca e un consumo moderato di carne – possa ridurre fino al 40% il rischio di declino cognitivo. Una dieta antinfiammatoria e antiossidante, ricca di micronutrienti che si riconoscono proprio dai colori: antocianine, quercetina, resveratrolo. «Il radicchio – ha ricordato – è un alimento antinfiammatorio che dialoga direttamente con il benessere dell’intestino e del cervello».

Enzo Gambin, direttore scientifico AIPO Verona, ha ricostruito la storia del radicchio e il suo legame con i monasteri, veri custodi delle coltivazioni nella Pianura dei Dogi. Le tecniche di imbianchimento, già diffuse nel Rinascimento, erano la chiave per trasformare un’erba spontanea in un ortaggio invernale pregiato, coltivato persino tra i filari dopo la vendemmia. Una tradizione che ha attraversato i secoli fino alla richiesta ufficiale dell’IGP nel 1997. «Già nell’antichità – ha ricordato – si conoscevano le proprietà calmanti della lattucina (sostanza che da il sapore amarognolo alla verdura): il radicchio era usato come rimedio contro l’insonnia».

A seguire, l’antropologo e psicologo Alessandro Norsa ha spiegato come il colore del cibo influenzi emozioni e comportamento: dal giallo, simbolo di ottimismo, al verde che induce calma. «Il radicchio, con le sue tonalità tra rosso e viola, stimola l’appetito, comunica forza, scaccia la malinconia. È un colore che racconta identità, quasi un cuore che pulsa nel paesaggio veronese».

Sul piano normativo, Luca Valdetara (CSQA) ha ricordato come i prodotti DOP e IGP italiani – oltre 330, accanto a migliaia di tradizionali – godano oggi di una tutela estesa oltre l’UE: un sistema che protegge produttori e consumatori, garantendo trasparenza, controlli e autenticità. «Il margine di crescita degli ortofrutticoli IGP è ancora enorme – ha sottolineato – e la forza del marchio è sempre il lavoro collettivo del territorio».

In chiusura, Cristiana Furiani ha richiamato l’importanza della venticinquesima edizione del Radicchio d’Argento come strumento per avvicinare chef e consumatori, soprattutto i più giovani: «Il radicchio nasce dalla terra ma arriva alla mente: racconta la nostra identità e continua il percorso iniziato da mio padre Rodolfo Furiani”. (lg)