Quando il biologico fa la differenza: la crescita di Brio e il valore di Alce Nero

Il presidente Amidei: «Consolidiamo i risultati, il futuro passa da efficienza e filiera»

Quando il biologico fa la differenza: la crescita di Brio e il valore di Alce Nero

In un mercato interno che fatica a ritrovare slancio e con consumi di biologico che restano al palo, Brio – azienda del Gruppo Alegra specializzata sull'ortofrutta del segmento – si conferma un’eccezione virtuosa. Lo dimostrano i numeri: 67,3 milioni di euro di fatturato nel bilancio 2024/2025 (+21% sull’esercizio precedente) e una traiettoria di crescita costante. Merito di una riorganizzazione profonda, della capacità di offrire un servizio di valore alla Gdo e di un brand – Alce Nero – che si rivela sempre più un asset strategico. Ne abbiamo parlato con il presidente Gianni Amidei, riconfermato alla guida dell'azienda per un nuovo mandato.

Fabrizio Pattuelli - Presidente, partiamo dall’attualità. Chiuso l’ultimo esercizio, cosa ci dicono gli indicatori per il 2025?
Gianni Amidei - Chiudiamo l’anno fiscale al 30 aprile e possiamo dire che, per quanto riguarda i volumi, nel 2025 fin qui ci siamo mantenuti in linea con la scorsa stagione. Il fatturato risulta leggermente superiore, trainato da un lieve aumento dei prezzi medi: del resto, dopo la forte crescita registrata nel 2024-2025 con un +21% del volume di affari che ci ha portato a oltre 67 milioni di euro, il nostro obiettivo per quest’anno è consolidare. E direi che, in un contesto di mercato come quello attuale, averlo fatto è già un ottimo risultato.

Pattuelli - Nonostante i consumi interni di biologico restino stagnanti, Brio ha messo a segno una crescita del giro d’affari del 21%. Che sentiment raccogliete dalla base produttiva?
Amidei - I produttori sono complessivamente soddisfatti, anche se – lo dico con sincerità – oggi chi lavora nel convenzionale spesso si sente più sereno. Fare biologico richiede sforzi maggiori, sia in campo che in termini organizzativi. E quella forbice di prezzo che giustificava l’impegno maggiore di chi ha scelto di credere nel bio, si sta assottigliando. In un contesto economico non brillante, molti consumatori guardano con più attenzione al peso dello scontrino, ed è chiaro che quando il delta fra convenzionale e bio è sensibile, non tutti scelgono il secondo. Eppure Brio cresce – e in modo sensibile - perché è sinonimo di servizio, solidità, affidabilità. Le insegne che hanno abbandonato la Mdd biologica stanno tornando a cercare partner come noi.

Pattuelli - A cosa attribuisce questo risultato?
Amidei - Al lavoro fatto negli ultimi anni. Abbiamo attraversato un percorso di profonda riorganizzazione, che ci ha permesso di diventare molto più efficienti. Un tempo i margini erano alti perché pochi facevano bio e il prezzo di vendita era ben superiore al convenzionale. Oggi la forbice si è ridotta, e serviva uno sforzo per mantenere competitività. Abbiamo accentrato attività, dismesso società poco redditizie, integrato le competenze, ottimizzato la logistica. Oggi Brio costa poco, lavora bene e garantisce qualità. E tutto questo lo abbiamo fatto senza mai perdere di vista il controllo di filiera e il legame con la nostra base produttiva.

Pattuelli - Molti retailer hanno ridimensionato i progetti a Mdd biologica. È un fenomeno passeggero o strutturale?
Amidei - Al momento credo sia una tendenza destinata a durare. La Gdo aveva investito molto nella private label bio, aspettandosi una crescita importante dei consumi. Invece la quota di mercato è rimasta sotto le aspettative. Oggi le insegne non gestiscono volumi tali da giustificare l’impegno di costruire una linea Mdd: selezione fornitori, gestione delle scorte, comunicazione … tutte complessità che si preferisce evitare. In questo contesto, le marche forti tornano protagoniste.

Pattuelli - E in questo contesto, quanto ha contato – e conta ancora – la collaborazione con Alce Nero?
Amidei - Tantissimo. È stato e resta un asset chiave. Quando la Gdo riduce le private label, Brio diventa ancora più attrattiva perché porta con sé una marca riconosciuta, affidabile, amata dai consumatori. A parità di qualità, un prodotto a marchio Alce Nero ha più possibilità di essere scelto a scaffale. È un vantaggio competitivo concreto, che continueremo a coltivare.

Pattuelli - Qual è, secondo lei, la chiave per rilanciare davvero il bio in Italia?
Amidei - Occorre più divulgazione. Ma è difficile: come possiamo dire che il biologico è “più sano” senza mettere in discussione il convenzionale? Serve una comunicazione che racconti i benefici del bio in modo serio, credibile, costruttivo: benefici che si riverberano lungo tutta la filiera e, in senso più ampio, su tutta la collettività, non dimentichiamolo. Perché biologico, è bene ricordarlo, non significa solo prodotti salutari ma è sinonimo di un approccio alla produzione ancora più sostenibile e rispettoso di quell’ambiente in cui viviamo tutti: ecco perché mi piace affermare che il bio fa bene a tutti, non solo a chi lo sceglie per la propria spesa. E proprio in questo senso serve spingere il consumo, in particolare nelle strutture pubbliche: mense scolastiche, ospedali, RSA. È lì che il biologico può e deve dimostrare il proprio valore, soprattutto per le persone più fragili. Anni fa era una direzione intrapresa dalla Pubblica Amministrazione, poi il contenimento della spesa pubblica ha frenato tutto. Ripartiamo da lì: può generare un effetto leva positivo anche nei consumi retail. (bf)