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L’energia del biologico, la forza della marca: Almaverde Bio festeggia 25 anni
Dalla Romagna all’Italia, il percorso visionario che ha costruito una filiera d’eccellenza
Un traguardo che va ben oltre la semplice ricorrenza aziendale. Almaverde Bio ha festeggiato i suoi 25 anni di attività – le “Nozze d’argento” – celebrando non solo la propria storia, ma quella di un’intera visione che ha anticipato i tempi, dando vita a un mercato allora ancora tutto da inventare: quello del biologico in Italia.
La celebrazione si è tenuta venerdì scorso nella cornice esclusiva del Grand Hotel Da Vinci, affacciato sul mare di Cesenatico. Un evento emozionante e partecipato, che ha riunito istituzioni, soci, produttori e stampa in un racconto corale capace di restituire tutta la forza di un progetto che, nel tempo, ha saputo trasformare un’intuizione in una solida realtà economica.
Almaverde Bio, oggi simbolo riconosciuto del biologico made in Italy, ha ripercorso un quarto di secolo di sfide, innovazioni e successi, rinnovando il proprio impegno verso un’agricoltura sostenibile, etica e di qualità. Un modello che continua a tracciare la rotta per il futuro del settore, dimostrando come, a partire da un’idea vincente, sia possibile dare vita a progetti di ampio respiro, capaci di coinvolgere anche realtà provenienti da mondi merceologici differenti.

Quella di Almaverde Bio è una storia di successo tutta romagnola. Un progetto nato da una visione lungimirante che ha saputo connettere istituzioni, imprese e mondo scientifico, gettando le basi per un modello virtuoso e replicabile. Fondamentale, in questa fase iniziale, il contributo del compianto professor Giorgio Celli, entomologo dell’Alma Mater e celebre divulgatore scientifico, che ha fornito il know-how necessario per tracciare una rotta solida verso il biologico.
A dare concretezza alla visione è stata Apofruit, cooperativa leader dell’ortofrutta italiana, che ha consolidato la base produttiva. Determinante anche il sostegno della Regione Emilia-Romagna, che ha creduto nel cambiamento e ne ha accompagnato l’evoluzione. Da qui è nata Cà Nova, società controllata da Apofruit, specializzata in ortofrutta biologica, che fin da subito ha puntato sulla politica di marca.
Almaverde Bio è così diventato il cuore di un progetto consortile ambizioso: una società che riunisce imprese specializzate lungo tutta la filiera, con l’obiettivo di valorizzare il marchio e offrire al consumatore una gamma completa di prodotti biologici certificati. Dall’ortofrutta fresca, di IV gamma e secca con Cà Nova, ai trasformati e surgelati di Fruttagel; dai prodotti ittici di Circeo Pesca alle uova di Eurovo, passando per le farine di Molino Spadoni fino a Futura, con le sue polpe, omogeneizzati di frutta e piatti vegetali. Una rete integrata che rappresenta una delle esperienze più avanzate dell’intero panorama agricolo italiano.

A raccontare l’evoluzione di questo percorso è stato Ernesto Fornari, presidente di Almaverde Bio, che nel corso della serata ha ripercorso le tappe fondamentali di un’avventura imprenditoriale iniziata ben prima della fondazione ufficiale. “È una storia di successo che affonda le sue radici negli anni ’80 – ha ricordato – quando il professor Giorgio Celli, con la sua visione scientifica e culturale, ha dato l’input iniziale. Da quella spinta nasce nel 1997 Cà Nova, società del gruppo Apofruit dedicata alla commercializzazione di ortofrutta biologica.”
Nel 2000 prende forma il consorzio Almaverde Bio, che riunisce imprese dell’agroalimentare accomunate da un forte legame con il territorio, da un rapporto diretto con il mondo produttivo e da una solida esperienza. Un modello d’impresa innovativo e coraggioso, in cui ogni socio mantiene autonomia operativa, ma condivide strategie di comunicazione e valorizzazione del brand.
“Ci unisce la scelta per l’agricoltura biologica – ha spiegato Fornari – intesa non come ritorno nostalgico al passato, ma come leva di innovazione. Le parole chiave che ci guidano sono passione, rispetto, condivisione e impegno.”
Elemento strategico e vincente, sottolinea il presidente, è stato l’aver puntato da subito su una politica di marca forte, capace di abbracciare un ampio paniere di prodotti e di diventare per il consumatore sinonimo di garanzia e fiducia. “Almaverde Bio rassicura chi acquista, porta il biologico nel carrello di tutti e conferisce valore al prodotto. È questo il nostro punto di forza.”
A confermarlo, i dati sulla notorietà del brand: la top of mind è al 9%, la notorietà spontanea al 16% e quella indotta raggiunge l’83%. “Il consumatore – conclude Fornari – riconosce in Almaverde Bio italianità, qualità, attenzione al territorio e competenza nel biologico. Ma il valore più importante resta l’innovazione: dobbiamo continuare a sorprendere chi ci sceglie.”

A prendere la parola è stato poi Paolo Pari, direttore di Almaverde Bio, che ha ricostruito l’evoluzione della comunicazione del marchio, fatta di campagne televisive creative, linguaggi innovativi e strategie mirate. “Siamo partiti da tre capisaldi – ha ricordato –: il biologico fa bene, il biologico è innovazione e non nostalgica bucolicità, e infine deve essere una scelta consapevole, concreta, quotidiana: una scelta per, mai contro.”
Nel viaggio attraverso gli spot degli ultimi vent’anni è emerso lo spirito di rottura che ha contraddistinto il brand: l’assenza del tradizionale jingle per amplificare l’effetto sorpresa, la scelta di parlare di tracciabilità e sostenibilità quando questi temi non erano ancora “di moda”, e messaggi volutamente disrupting che oggi risultano ancora di grande attualità.
Il racconto di Pari ha fatto da preludio a uno dei momenti più attesi della serata: il dialogo sull’agricoltura biologica tra l’attore Giovanni Storti e il management dell’azienda. “Il biologico non è solo un’etichetta – ha spiegato Storti – è un atto d’amore verso la terra, verso chi la coltiva e verso noi stessi. Dietro ogni prodotto Almaverde Bio ci sono storie di biodiversità, scelte coraggiose e rispetto per gli ecosistemi. Se possiamo scegliere, scegliamo di volerci bene.”
A seguire, Stanislao Fabbrino, presidente di Fruttagel e vice-presidente di Almaverde Bio, ha sottolineato: “l’importanza di un marchio che ha creato una tendenza, sviluppato prodotti sani e tracciato la strada per rendere questo cibo accessibile a tutti”. Il bilancio 2024 parla chiaro: 37,5 milioni di euro di fatturato, con una crescita dell’8,5 % sull’anno precedente. “C’è cooperazione tra aziende agricole e industrie di trasformazione – ha aggiunto – con l’obiettivo comune di rendere il biologico alla portata di ogni consumatore.”

Sul palco si sono quindi avvicendati i protagonisti della “prima ora”. Renzo Piraccini, oggi presidente di Macfrut, ha ricordato l’avvio del progetto 25 anni fa: “Pensare a una marca, e per di più biologica, sembrava follia. Eppure Almaverde Bio è diventato il motore dello sviluppo del biologico in Italia. Dopo la fase pionieristica e quella di espansione, abbiamo vissuto uno stallo dovuto alla banalizzazione del bio, ma oggi ci sono tutte le condizioni per un nuovo rilancio: il vero nodo non è la domanda, ma la capacità di produrre.”

Parole che hanno fatto eco all’intervento di Gabriele Longanesi, titolare di Futura: “Quindici anni fa questo gruppo mi ha accolto e incarnava già i valori che ci rappresentano. Far parte di un consorzio così prestigioso è un onore che cerchiamo di valorizzare ogni giorno.”
Tra esperienze di comunicazione avant-garde, testimonianze appassionate e dati di crescita concreta, Almaverde Bio conferma di essere, anche dopo un quarto di secolo, il punto di riferimento per chi crede in un’agricoltura biologica innovativa, inclusiva e capace di parlare al cuore dei consumatori. (cd)

